Fantascienza & Fantasy

Arida quanto mai la pubblicazione di nuove opere fantascientifiche, almeno in Italia, ho deciso di riprendere in mano un vecchio classico che avevo letto così tanto tempo fa da non ricordarne quasi nulla.
L'opera è stata elaborata partendo da tre diversi racconti, e si nota dalla struttura che ruota attorno ad una serie di vicende e di protagonisti diversi, ovviamente connessi.
Il primo racconto è addirittura del 1941, mentre il romanzo è stato pubblicato nel 1951.
Siamo intorno all'anno 7000 e l'imperatrice Innelda Isher vuole piegare al suo potere assoluto l'intero sistema solare. Non per cattiveria, beninteso, semplicemente per ristabilire l'ordine presso un'umanità che conta più di dieci miliardi di anni. Al suo potere si oppongono i negozi d'armi, la cui ragione di essere -come da statuto del loro fondatore- è quella di controbilanciare il potere del governo e garantire, quindi, una sorta di democrazia. Uno dei protagonisti, suo malgrado, è un giornalista del 20° secolo che si trova catapultato, letteralmente, nel tempo ed è dalle sue vicenda che rpende le mosse la storia.
E' evidente che l'opera risente del periodo storico in cui è stata scritta. Per molti aspetti è ingenua, descrive un approccio "scientifico" a poteri mentali che tradiscono la  vicinanza di van Vogt alle idee del collega ed amico Hubbard, fondatore della Dianetica. Il mondo che descrive è una specia di America anni '50, divisa fra campagnoli e cittadini, che ricorda certe opere di Hopper. L'energia atomica usata un po' per tutto... però van Vogt "inventa" anche il "telestato", una specie di internet del 68° secolo. E' un romanzo dove c'è un po' di tutto, dai viaggi nel tempo ai poteri mentali, appunto, la burocrazia ossessiva e corrotta e la lotta per la libertà.
Non è un capolavoro, intendiamoci, ma se teniamo presente che è del 1941 ci si può rendere conto di quale fosse il clima dell'epoca, culturale e scientifico.
E di come, di converso, fra 73 anni sembreranno ingenui i romanzi pubblicati oggi.
Voto: 6,5
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Ricordo ancora l'edizione Rusconi de "il Signore degli Anelli", costava uno sproposito (mi sembra 50.000 lire) e nonostante il contributo pubblicitario del film di Bakshi (1978) non erano in molti ad averlo comprato. Allora neppure io.
E sto parlando di Tolkien, ben 1300 pagine circa del miglior fantasy mai scritto.
Elantris costa 30 euro, per circa 700 pagine.
Soprattutto Sanderson non è Tolkien. E si "legge".
La prima cosa che ho letto di Sanderson è stata la conclusione della Ruota del Tempo (Jordan). Torrenziale e prolisso come il "de cuius" è riuscito anche a conservare il suo stile. Con questo "viatico" mi sono deciso ad acquistare il primo libro di Mistborn. Non era un granchè ma ho voluto concedergli comunque un'altra possibilità e così ho comprato anche "La Via dei Re" (il primo volume de "Le Cronache della Folgoluce"), e lo apprezzato tanto da attriburgli un bel 7,5.
Così sono arrivato ad Elantris, opera che ho trovato citatissima in rete.
Evidentemente ormai in rete solo i dodicenni (young adult?) leggono e lasciano commenti. L'ambientazione (la città di Elantris, in rovina, abbandonata dai suoi abitanti, creature con poteri semidivini, nonchè la città di Kae ed i reami circostanti) è decisamente piatta ed incolore. Sembra più che altro un fondale cartonato.
I personaggi sono stereotipati, soprattutto del tutto privi di spessore psicologico. Hanno comportamenti così incongrui che nella realtà persino uno schizoide bipolare sembrerebbe perfettamente sano di mente. Inoltre Sanderson, come qualsiasi altro scrittore carente d'inventiva ed incapace mettere un po' d'azione, sopperisce alle sue carenze cercando di sommergere il tutto sotto valanghe di parole e dialoghi interessanti come un nebbioso novembre a Marghera.
La storia è vista attraverso gli occhi dei tre protagomisti: il principe e la principessa che solo apparentemente non sembrano destinati a coronare il loro amore, ed il cattivo che poi cattivo non è in quanto il vero cattivo è un altro. I buoni cercano di risolvere i loro problemi ed allo stesso tempo di salvare la città, il regno ed il mondo dai cattivi, i cattivi invece fanno i cattivi. All'ultimo secondo dei tempi supplementari i buoni vincono.
Tornando al ciclo della Ruota del Tempo è evidente che il materiale lasciato da Jordan necessitava solo di un tizio sufficientemente prolisso per trasformarlo in romanzo, quandi Sanderson si è dimostrata un'ottima scelta.
Dopo aver letto Elantris, ed anche Mistborn, la vera domanda è: chi ha davvero scritto la Folgoluce?
Voto: 3,5
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Prendete "Salvate il soldato Ryan", aggiungete "Ricomincio da capo" e mixatelo con "Indipendence Day" ed otterrete questo film.
Il tema dell'invasione aliena è uno dei più sfruttati della fantascienza, e non per questo vorrei parlare male del film. In fondo l'idea funziona sempre se è ben sviluppata, ed infatti ci sono recentissimi esempi (una decina, più o meno, negli ultimi anni). Possono cambiare gli scenari, ma all fine è sempre la guerra tra il bene ed il male, con l'eroe che vittoriosamente consegue la salvezza finale. Che si tratti delle Termopili o di Tattooine la storia è sempre quella.
In questo caso il regista (Doug Liman, che aveva girato il non degno di nota Jumper) ha diretto un film decisamente senza alcun briciolo di inventiva. I cattivi Mimic (immaginate un felino alieno composto da matasse di fil di ferro particolarmente nevrotiche) hanno occupato l'Europa e minacciano di invadere anche la Gran Bretagna, dove è stato mandato il protagonista, il maggiore Cage (Tom Cruise, l'unica vera "novità" del film è che al 52enne sono riusciti a togliergli almeno venti anni dal volto, miracoli dei truccatori e della chirurgia) dell'esercito americano ma in realtà uomo di PR, così vigliacco che il comandante in capo inglese decide di sbatterlo in mezzo alle truppe che il giorno dopo invaderanno la Francia.
E così, rubandolo praticamente a Spielberg, ecco lo sbarco in Normandia (più o meno) nel quale il nostro eroe ha una fondamentale disavventura, che lo sbatte pari pari nel Giorno della Marmotta (Ricomincio da capo, graziosa commedia con Bill Murray e Andie Mac Donald (trama riproposta anche in Italia da Albanese) e così comincia un infinito loop, che se al tempo di Bil Murray era divertente adesso sembra solo l'infinito tentativo di vincere un videogame.
E' impossibile rovinare il finale, quindi i buoni vincono, ma fino ad allora c'è tanta adrenalina (combattimenti ecc. ecc.) ma qualcosa che stimoli il cervello decisamente no. Se non individuare le varie scene "rubate" ad altri film (questo piacere ve lo lascio).
Se volete gustarvi un film con una porzione da due chili di pop corn ed una tanica di birra, questo è perfetto. Sennò sono costretto a dare come
Voto: 4,5
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Dinosauri e viaggi nel tempo, così potremmo sintetizzare il romanzo pubblicato da Urania. E non renderemmo onore a Swanwick perchè, diciamolo francamente, la reazione davanti ad un altro romanzo incentrato su questi due temi non potrebbe che essere quella di sgomento e noi.
Ed invece l'autore ci sorprende, nonostante l'argomento sia fra i più usati (ed abusati) della storia della fantascienza, il romanzo è ben strutturato, contiene alcuni spunti originali, insomma: dimostra che è possibile affrontare in modo nuovo argomenti ormai vetusti.
Swanwick è un autore eclettico, personalmente voglio credere che abbia voluto fare una scommessa, ovvero provare a scrivere  un romanzo che qualsiasi vero scrittore con sufficiente onestà intellettuale avrebbe rifiutato.
"Ancora dinosauri!". "Viaggio nel tempo: no grazie!".
In questo caso la scommessa è vinta, perchè l'intreccio è sufficientemente intrigante, ed anche come ha affrontato la storia, incrociando non solo i piani temporali ma anche le storie dei tre protagonisti (perchè comunque la si voglia vedere, protagonista non è solo il paleontologo Richard Leyster, ma anche il burocrate Griffin e l'altra paleontologa Gertrude Salley).
Il romanzo richiede una certa attenzione per quanto riguarda gli aspetti dei "paradossi", ma che storia di viaggi nel tempo sarebbe senza il paradosso? Soprattutto in questo caso la soluzione è particolare, e solo dopo ci si rende conto che è un aspetto centrale della storia, oltre che funzionale alla conclusione del romanzo.
In conclusione: un romanzo da consigliare.
Voto: 7,5
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C'è un certo genere di scrittura in cui si sente molto forte a sensibilità femminile (ovviamente non sto parlando di letteratura "rosa"). Certo, lo stesso si può dire in senso opposto per quanto riguarda buona parte della fantascienza e del fantasy "maschile", ma resta il fatto che i due generi sono stati creati soprattutto da "scrittori" per "lettori".
Ed il Ratto è, giustappunto, un maschio.
Detto ciò arriviamo al romanzo in questione.
Non l'ho capito.
E' la storia della povera orfanella nipote del più potente sovrano che governa, con l'aiuto del dio supremo, ogni regno del mondo, che viene trascinata nel palazzo reale per disputarsi con gli altri due cugini la successione al trono. Il tutto è reso ancor più complicato dall'intervento di altri dei, fratelli e figli del dio supremo, resi schiavi, asserviti alla famiglia della protagonista.
Segreti indicibili, questioni morali, tradimenti, crudeltà e macchinazioni.
Tutto questo dovrà superare l'orfanella prima di arrivare ad una conclusione.
Indiscutibilmente il romanzo non ha incontrato il mio favore. Riconosco che sembra essere stato scritto bene, ed anche strutturato con una certa cura.
Ma il risultato purtroppo mi ha lasciato deluso.
Ci sono state grandi scrittrici, penso alla Le Guin, alla Tiptree, Zimmer Bradley... ecc ecc. (oppure a Delaney, per quanto riguarda gli scrittori "afro"... la Jemisin è di colore), ma nessuna di loro mi ha dato così forte la sensazione di una scrittura di genere. "Femminile", ed anche un po' di colore, appunto.
Forse quello che per me è un limite, lei lo considera un punto di forza. Ma resta il fatto che questo romanzo non mi è piaciuto.
E" il primo romanzo di una trilogia.
Voto: 5
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