Fantascienza & Fantasy

Non può non venire in mente Abercrombie leggendo questo romanzo (il primo di un ciclo). Lo stile è quello: rude, duro e violento. Anche i protagonisti ricordano molto quelli di Abercrombie (il parallelo tra Brodar Kayne e Logen Novedita è indiscutibile), ma non sono tratteggiati così bene. In compenso l'intreccio e l'ambientazione sono più ricche.
I nostri protagonisti si muovono in un mondo in rovina, nel quale gli Dei sono stati uccisi dai Sommimaghi, uomini che col trascorrere dei secoli sono diventati capricciosi e crudeli esattamente come gli Dei che avevano voluto eliminare. Sono loro che governano l'angolo di mondo dove si svolge la storia, ed è il loro conflitto per la supremazia che muove lo svolgimento del racconto. E' un mondo crudele quello che descrive Skull, la vita umana è praticamente priva di valore, si può morire per poco, niente addirittura.
I vari protagonisti cercano di sopravvire, ognuno facendo la cosa giusta, qualcuno per se altri meno egoisticamente.
Dietro lo scontro tra i tre Sommimaghi maggiori (in realtà ce ne sono di più, ma uno sparisce all'inizio e degli altri se ne parla appena) s'intravede qualcosa di assai peggiore, che indiscutibilmente costituirà il nucleo dei prossimi volumi che si preannunciano interessanti.
In conclusione non si tratta di un capolavoro, ma il ritmo è assai sostenuto, la storia è abbastanza elaborata, si legge veramente di corsa e viene voglia di procurarsi subito il secondo volume. Sinceramente non è poco.
Voto: 7,5
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Richard Ford, scrittore inglese, ha esordito nel fantasy (scrive anche steampunk e urban fantasy) con questo romanzo, prima opera del ciclo di Steelhaven.
Bisogna riconoscere a Ford una certa ambizione: ci sono numerosi personaggi e di capitolo in capitolo lo svolgersi della storia è vista attraverso i loro occhi. Compresi quelli di qualcuno che non può essere ascritto nel'elenco dei "buoni". Può capitare che lo stesso avvenimento sia seguito da più angolature, ed è interessante.
In questo primo libro la storia, però, segue un percorso fin troppo classico: il cattivo di turno ha preso il controllo delle tribù dei barbari che infestano i confini del regno ed ha plasmato un temibile esercito. Per andare sul sicuro e vincere la guerra ha deciso di avviluppare la città di Steelhaven in una rete di intrighi.
Lo stile di scrittura, il ritmo degli avvenimenti ed i personaggi, in qualche modo ricordano Abercrombie, l'ambientazione invece Lynch, però non raggiungono i loro livelli.
Il fatto di cambiare ad ogni capitolo protagonista, ed aver creato una serie di personaggi comunque interessanti (con l'eccezione della principessa, una petulante banalità uguale a mille altre principesse), arricchisce il romanzo di un certo brio.
Sicuramente non è un capolavoro, ma essendo ormai in tempo di letture sotto l'ombrellone, non se ne può non consigliare la lettura.
Voto: 7-
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Premio Nebula 2009, e nel 2010 premio Hugo e J.W. Campbell. Un pedigree più che sufficiente per stimolarne la lettura.
Che in effetti è meritoria quanto doverosa.
La storia si svolge in una Bangkok di un futuro abbastanza prossimo, nel quale bioterroristi e società biotecnoligiche si sono date da fare per manipolare e distruggere il DNA delle coltivazioni commestibili. La popolazione è stata decimata dalla carestia a dalle pestilenze conseguenti alle manipolazioni genetiche. La Thailandia possiede forse l'ultima banca dei semi esistente, e sicuramente possiede la capacità di produrre nuove specie commestibili a causa di un rigido embargo contro le multinazionali produttrici di sementi (le uniche in grado di generare nuovi prodotti, solo temporaneamente inattaccabili alle mutazioni perniciose), le quali disperatamente vogliono conquistare anche l'ultimo territorio che si oppone al loro strapotere.
Uno dei protagonisti del romanzo è un inviato di una delle multinazionali che controllano il pianeta, che cerca di scoprire i segreti di Bangkok, città corrotta quanto mai dove si scontrano ministeri ed alti ufficiali in un'incessante lotta per il denaro ed il potere. Un altro protagonista, forse ancora più convincente, è il suo segretario, un profugo cinese aggrappato alla vita e ciecamente dedito ai propri interessi personali, tanto da essere la causa involontaria del disastro successivo.
La ragazza del titolo è una creatura anch'essa frutto della manipolazione genetica, e quindi disprezzata come sub-umana, senza diritti e per questo sfruttata oltre ogni limite.
Molti sono gli spunti di lettura, e di riflessione, a seconda dei vari personaggi (chi sono i buoni? chi i cattivi? Al lettore la decisione).
Il romanzo è scritto molto bene, purtroppo è fin troppo credibile, ed i personaggi sono ben costruiti, anche quelli secondari.
Bisogna ammettere che è un'opera solida, indiscutibilmente da leggere.
Voto: 9
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Stranamente questo romanzo viene presentato come un'opera fantasy, cercando di non spoilerare dico soltanto che, dati gli argomenti trattati, decisamente non è un romanzo fantasy, semmai è vera e propria fantascienza.
I protagonisti sono i Bambini, umani immortali che muoiono al compimento del 14° anno di età per poi rinascere altrove. Conservando i ricordi delle vite precedenti. Ovviamente la loro visone del mondo è assai particolare, come pure il loro rapporto con le famiglie "pro tempore" (circondati dall'amore di una madre che lo è solo biologicamente e che, in confronto alla loro esperienza plurimillenaria, è davvero una bambina).
Le loro vite non sono poi così meravigliose come si potrebbe immaginare: rinascere con le facoltà mentali ed i ricordi intatti nel corpo di un inerme neonato, destinati ad una breve vita biologica con pochissima autonomia individuale.
Eppure, col tempo, sono riusciti a costituire un Network mondiale, cui partecipa buona parte dei 421 membri della loro stirpe.
Una scoperta scientifica ed una terribile minaccia pongono in pericolo non solo i Bambini ma l'intera razza umana, e solo loro sono in grado di salvare il pianeta.
Questa è la storia per sommi tratti. Il romanzo è ben scritto, ha ritmo e si legge via via sempre più velocemente. I vari personaggi sono ben tratteggiati, forse i "cattivi" sono un po' più "sfumati", ma complessivamente è scritto molto bene, soprattutto il protagonista principale, Arthur, è un perfetto, strano "Bambino" dove l'autore è riuscito a collocare aspetti da millenario soggetto che ha attraversato tutte le epoche storiche insieme ad elementi di adolescente in attesa dell'età adulta (che non ha mai vissuto realmente).
Ad essere onesto non ho capito la fine, nel senso che gli avvenimenti descritti sembrano incompatibili. Evidentemente c'è un sottinteso che non sono riuscito a cogliere. Che forse sarà più chiaro nei prossimi libri (si tratta di una trilogia).
Voto: 7,5
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Arida quanto mai la pubblicazione di nuove opere fantascientifiche, almeno in Italia, ho deciso di riprendere in mano un vecchio classico che avevo letto così tanto tempo fa da non ricordarne quasi nulla.
L'opera è stata elaborata partendo da tre diversi racconti, e si nota dalla struttura che ruota attorno ad una serie di vicende e di protagonisti diversi, ovviamente connessi.
Il primo racconto è addirittura del 1941, mentre il romanzo è stato pubblicato nel 1951.
Siamo intorno all'anno 7000 e l'imperatrice Innelda Isher vuole piegare al suo potere assoluto l'intero sistema solare. Non per cattiveria, beninteso, semplicemente per ristabilire l'ordine presso un'umanità che conta più di dieci miliardi di anni. Al suo potere si oppongono i negozi d'armi, la cui ragione di essere -come da statuto del loro fondatore- è quella di controbilanciare il potere del governo e garantire, quindi, una sorta di democrazia. Uno dei protagonisti, suo malgrado, è un giornalista del 20° secolo che si trova catapultato, letteralmente, nel tempo ed è dalle sue vicenda che rpende le mosse la storia.
E' evidente che l'opera risente del periodo storico in cui è stata scritta. Per molti aspetti è ingenua, descrive un approccio "scientifico" a poteri mentali che tradiscono la  vicinanza di van Vogt alle idee del collega ed amico Hubbard, fondatore della Dianetica. Il mondo che descrive è una specia di America anni '50, divisa fra campagnoli e cittadini, che ricorda certe opere di Hopper. L'energia atomica usata un po' per tutto... però van Vogt "inventa" anche il "telestato", una specie di internet del 68° secolo. E' un romanzo dove c'è un po' di tutto, dai viaggi nel tempo ai poteri mentali, appunto, la burocrazia ossessiva e corrotta e la lotta per la libertà.
Non è un capolavoro, intendiamoci, ma se teniamo presente che è del 1941 ci si può rendere conto di quale fosse il clima dell'epoca, culturale e scientifico.
E di come, di converso, fra 73 anni sembreranno ingenui i romanzi pubblicati oggi.
Voto: 6,5
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Ricordo ancora l'edizione Rusconi de "il Signore degli Anelli", costava uno sproposito (mi sembra 50.000 lire) e nonostante il contributo pubblicitario del film di Bakshi (1978) non erano in molti ad averlo comprato. Allora neppure io.
E sto parlando di Tolkien, ben 1300 pagine circa del miglior fantasy mai scritto.
Elantris costa 30 euro, per circa 700 pagine.
Soprattutto Sanderson non è Tolkien. E si "legge".
La prima cosa che ho letto di Sanderson è stata la conclusione della Ruota del Tempo (Jordan). Torrenziale e prolisso come il "de cuius" è riuscito anche a conservare il suo stile. Con questo "viatico" mi sono deciso ad acquistare il primo libro di Mistborn. Non era un granchè ma ho voluto concedergli comunque un'altra possibilità e così ho comprato anche "La Via dei Re" (il primo volume de "Le Cronache della Folgoluce"), e lo apprezzato tanto da attriburgli un bel 7,5.
Così sono arrivato ad Elantris, opera che ho trovato citatissima in rete.
Evidentemente ormai in rete solo i dodicenni (young adult?) leggono e lasciano commenti. L'ambientazione (la città di Elantris, in rovina, abbandonata dai suoi abitanti, creature con poteri semidivini, nonchè la città di Kae ed i reami circostanti) è decisamente piatta ed incolore. Sembra più che altro un fondale cartonato.
I personaggi sono stereotipati, soprattutto del tutto privi di spessore psicologico. Hanno comportamenti così incongrui che nella realtà persino uno schizoide bipolare sembrerebbe perfettamente sano di mente. Inoltre Sanderson, come qualsiasi altro scrittore carente d'inventiva ed incapace mettere un po' d'azione, sopperisce alle sue carenze cercando di sommergere il tutto sotto valanghe di parole e dialoghi interessanti come un nebbioso novembre a Marghera.
La storia è vista attraverso gli occhi dei tre protagomisti: il principe e la principessa che solo apparentemente non sembrano destinati a coronare il loro amore, ed il cattivo che poi cattivo non è in quanto il vero cattivo è un altro. I buoni cercano di risolvere i loro problemi ed allo stesso tempo di salvare la città, il regno ed il mondo dai cattivi, i cattivi invece fanno i cattivi. All'ultimo secondo dei tempi supplementari i buoni vincono.
Tornando al ciclo della Ruota del Tempo è evidente che il materiale lasciato da Jordan necessitava solo di un tizio sufficientemente prolisso per trasformarlo in romanzo, quandi Sanderson si è dimostrata un'ottima scelta.
Dopo aver letto Elantris, ed anche Mistborn, la vera domanda è: chi ha davvero scritto la Folgoluce?
Voto: 3,5
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Prendete "Salvate il soldato Ryan", aggiungete "Ricomincio da capo" e mixatelo con "Indipendence Day" ed otterrete questo film.
Il tema dell'invasione aliena è uno dei più sfruttati della fantascienza, e non per questo vorrei parlare male del film. In fondo l'idea funziona sempre se è ben sviluppata, ed infatti ci sono recentissimi esempi (una decina, più o meno, negli ultimi anni). Possono cambiare gli scenari, ma all fine è sempre la guerra tra il bene ed il male, con l'eroe che vittoriosamente consegue la salvezza finale. Che si tratti delle Termopili o di Tattooine la storia è sempre quella.
In questo caso il regista (Doug Liman, che aveva girato il non degno di nota Jumper) ha diretto un film decisamente senza alcun briciolo di inventiva. I cattivi Mimic (immaginate un felino alieno composto da matasse di fil di ferro particolarmente nevrotiche) hanno occupato l'Europa e minacciano di invadere anche la Gran Bretagna, dove è stato mandato il protagonista, il maggiore Cage (Tom Cruise, l'unica vera "novità" del film è che al 52enne sono riusciti a togliergli almeno venti anni dal volto, miracoli dei truccatori e della chirurgia) dell'esercito americano ma in realtà uomo di PR, così vigliacco che il comandante in capo inglese decide di sbatterlo in mezzo alle truppe che il giorno dopo invaderanno la Francia.
E così, rubandolo praticamente a Spielberg, ecco lo sbarco in Normandia (più o meno) nel quale il nostro eroe ha una fondamentale disavventura, che lo sbatte pari pari nel Giorno della Marmotta (Ricomincio da capo, graziosa commedia con Bill Murray e Andie Mac Donald (trama riproposta anche in Italia da Albanese) e così comincia un infinito loop, che se al tempo di Bil Murray era divertente adesso sembra solo l'infinito tentativo di vincere un videogame.
E' impossibile rovinare il finale, quindi i buoni vincono, ma fino ad allora c'è tanta adrenalina (combattimenti ecc. ecc.) ma qualcosa che stimoli il cervello decisamente no. Se non individuare le varie scene "rubate" ad altri film (questo piacere ve lo lascio).
Se volete gustarvi un film con una porzione da due chili di pop corn ed una tanica di birra, questo è perfetto. Sennò sono costretto a dare come
Voto: 4,5
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Dinosauri e viaggi nel tempo, così potremmo sintetizzare il romanzo pubblicato da Urania. E non renderemmo onore a Swanwick perchè, diciamolo francamente, la reazione davanti ad un altro romanzo incentrato su questi due temi non potrebbe che essere quella di sgomento e noi.
Ed invece l'autore ci sorprende, nonostante l'argomento sia fra i più usati (ed abusati) della storia della fantascienza, il romanzo è ben strutturato, contiene alcuni spunti originali, insomma: dimostra che è possibile affrontare in modo nuovo argomenti ormai vetusti.
Swanwick è un autore eclettico, personalmente voglio credere che abbia voluto fare una scommessa, ovvero provare a scrivere  un romanzo che qualsiasi vero scrittore con sufficiente onestà intellettuale avrebbe rifiutato.
"Ancora dinosauri!". "Viaggio nel tempo: no grazie!".
In questo caso la scommessa è vinta, perchè l'intreccio è sufficientemente intrigante, ed anche come ha affrontato la storia, incrociando non solo i piani temporali ma anche le storie dei tre protagonisti (perchè comunque la si voglia vedere, protagonista non è solo il paleontologo Richard Leyster, ma anche il burocrate Griffin e l'altra paleontologa Gertrude Salley).
Il romanzo richiede una certa attenzione per quanto riguarda gli aspetti dei "paradossi", ma che storia di viaggi nel tempo sarebbe senza il paradosso? Soprattutto in questo caso la soluzione è particolare, e solo dopo ci si rende conto che è un aspetto centrale della storia, oltre che funzionale alla conclusione del romanzo.
In conclusione: un romanzo da consigliare.
Voto: 7,5
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C'è un certo genere di scrittura in cui si sente molto forte a sensibilità femminile (ovviamente non sto parlando di letteratura "rosa"). Certo, lo stesso si può dire in senso opposto per quanto riguarda buona parte della fantascienza e del fantasy "maschile", ma resta il fatto che i due generi sono stati creati soprattutto da "scrittori" per "lettori".
Ed il Ratto è, giustappunto, un maschio.
Detto ciò arriviamo al romanzo in questione.
Non l'ho capito.
E' la storia della povera orfanella nipote del più potente sovrano che governa, con l'aiuto del dio supremo, ogni regno del mondo, che viene trascinata nel palazzo reale per disputarsi con gli altri due cugini la successione al trono. Il tutto è reso ancor più complicato dall'intervento di altri dei, fratelli e figli del dio supremo, resi schiavi, asserviti alla famiglia della protagonista.
Segreti indicibili, questioni morali, tradimenti, crudeltà e macchinazioni.
Tutto questo dovrà superare l'orfanella prima di arrivare ad una conclusione.
Indiscutibilmente il romanzo non ha incontrato il mio favore. Riconosco che sembra essere stato scritto bene, ed anche strutturato con una certa cura.
Ma il risultato purtroppo mi ha lasciato deluso.
Ci sono state grandi scrittrici, penso alla Le Guin, alla Tiptree, Zimmer Bradley... ecc ecc. (oppure a Delaney, per quanto riguarda gli scrittori "afro"... la Jemisin è di colore), ma nessuna di loro mi ha dato così forte la sensazione di una scrittura di genere. "Femminile", ed anche un po' di colore, appunto.
Forse quello che per me è un limite, lei lo considera un punto di forza. Ma resta il fatto che questo romanzo non mi è piaciuto.
E" il primo romanzo di una trilogia.
Voto: 5
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Questo secondo romanzo della trilogia del Silo è indiscutibilmente superiore al primo che, seppur scritto con sufficiente verve e ritmo, mancava di elementi capace di dargli un "qualcosa" in più. Con questo secondo volume la storia acquisisce di spessore, di profondità e di una sua autonimia rispetto ad una delle tante distopie postcatastrofiche sotterranee di cui la fantascienza ha già scritto abbondantemente negli ultimi 70 anni.
Anche in questo caso il romanzo è scritto attraverso più personaggi ed è spalmata in un lungo arco temporale (SPOILER) ricongiungendosi alla fine con il preceente volume. Il terzo e conclusivo presumibilmente servirà a unire i due principali personaggi dei due reomanzi, che dovrebbero portare in salvo ciò che resta del'umanità.
Invero non si può entrare nello specifico della stria senza privare così il piacere della lettura all'aspirante lettore. Il quale, se non conosce il ciclo, è fortemente consigliato di cominciare dal primo libro (Wool). La trama è indiscutibilmente ben strutturata, così pure lo svolgimento. Quaslhe appunto semmai lo si deve fare sui protagonisti principale, se nel primo romanzo l'eroina era fin troppo positiva e volitiva, nel secondo il politico è un po' troppo piagnone e indeciso, e quindi calcando un po' troppo la mano sulle sue debolezze scade in credibilità (perchè mai il deus ex machina di tutto il progetto si è affidato così tanto ad un simile pappamolla?).
Nell'ormai inaridito fiume della fantascienza moderna (per leggere una novità, almeno in Italia, bisogna attendere una bolla papale) direi che questo ciclo diventa imperdibile. Sinceramente dire ciò mi addolora.
Voto: 8
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