Fantascienza & Fantasy

Indubbiamente in questo film c'è un tentativo da parte del regista (Luc Besson) di utilizzare spunti che hanno "qualcosa" di fantascientico per arrivare ad un prodotto con finalità  filosofico-speculative. Io però non scomoderei nè la fantascienza, ed ancor meno la filosofia.
Con Lucy Besson torna agli inizi (Nikita), Scarlett Johansson è una mezza squinternata che vive a Taipei pur non parlando la lingua (e soprattutto non sembra molto in contatto con la realtà taiwanese, insomma: che ci fa davvero a Taiwan?). Viene coinvolta in un traffico di droga tra Taipei e l'Europa (chissà perchè non gli Stati Uniti o il vicino Giappone) organizzata da una banda di mafiosi coreani (?), quindi suo malgrado le inpiantano nello stomaco un sacchetto di una nuovissima droga sintetica.
Dopo un pestaggio (i mafiosi coreani, o i loro sgherri taiwanesi, sono ovviamente perfidi nonchè stupidi e violenti) il sacchetto si rompe riversando la droga in circolo. Così Lucy diventa una super donna acquisendo poteri quasi mistici, semplicemente sfruttando tutte le potenzialità del cervello umano (mentre lei s'infogna con i coreani, il prof. Morgan Freeman tiene conferenze in tutto il mondio spiegando che gli esseri umani utilizzano solo il 10% del proprio cervello, se ne sfruttassimo  di più i nostri poteri diventerebbero incredibili).
Lucy si libera e comincia a controllare le menti, la materia, i raggi energetici ecc. e si mette in contatto con Freeman, che raggiungerà a Parigi dove il film avrà il suo epicentro e conclusione (inseguimenti, sparatorie, massacri, trascendenze ecc. ecc.).
Dal punto di vista scientifico (o fantascientifico) il film è totalmente implausibile, anche se Morgan Freeman (che si è guadagnato la parte probabilmente per la sua divulgazione scientifica) e la stessa Scarlett cercano disperatamente di convincerci che chi controlla il cervello può controllare anche lo spazio ed il tempo.
Dal punto di vista filosofico si può dire che centra l'obiettivo esattamente com'è riuscito a fare "Django e Sartana, due figli di...", anzi: forse quest'ultimo ha uno spessore maggiore.
Per far intendere meglio la banalità del film: Besson non è riuscito neppure a fare un inseguimento d'auto fuori dagli schemi, non è possibile che a Parigi le auto si inseguano sempre davanti al Louvre! La città è almeno 1.000 volte più estesa!
Non è un film di fantascienza, mi rifiuto di catalogarlo così, non è un film per adulti (anche se Besson aveva ben altre pretese), e non è nemmeno un teen movie, perchè tutte quelle elucubrazioni sull'evoluzione umana potrebbero annoiare a morte un qualsiasi quattordicenne, anche se fatto di amfetamine.
Voto: 4
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Chiunque, in possesso di sanità mentale, rifuggerebbe da un libro scritto da tal "Django Wexler", che sembra lo pseudonimo adottato da zio Edoardo per pubblicare sul web racconti pornografici.
Ed invece... 
Django è effettivamente il nome di un puro concentrato di nerd (ha lavorato addirittura per Bill... Gates), che potrebbe benissimo apparire nella serie TBBT (voto: 10++++), ed ha messo a frutto le sue passioni (in questo caso fantasy e wargame) in questo primo romanzo del ciclo "Shadow campaigns".
La storia è quella di un avamposto formato da scarti dell'esercito reale, stanziati in un regno abbastanza remoto, i cui membri -con l'eccezione del protagonista, il capitano d'Ivoire, uomo retto ma privo di fantasia- aspettano con ansia di essere rimpatriati. Una ribellione di fanatici ha scacciato il re fantoccio e loro stessi dalla capitale, e li ha confinati in una fortezza in stato di abbandono.
Quando finalmente arriva la flotta a salvarli scopriranno, con sgomento, che il piano non è il rimpatrio, bensì la riconquista del regno perduto, sotto il comando di uno strano colonnello.
Il romanzo si divide in due parti: la prima è quella della campagna militare (molto ben scritta) che porta i protagonisti alla capitale. Nella seconda parte prende il sopravvento l'aspetto più fantasy, che poi sarà il filo che annoderà "I mille nomi" alle future pubblicazioni.
Il romanzo è scritto molto bene, i personaggi sono tutti ben costruiti, anche l'ignobile sergente Davies che poteva facilmente cadere nello stereotipo del bullo da quattro soldi. Se proprio si deve muovere un appunto a Django (oltre al nome, ma questa non è colpa sua) è quello di non aver delineato perfettamente l'aspetto fantasy, ma l'ambientazione geografica (nilotico-arabeggiante) nonchè quella storica (la Gran Bretagna dell'era napoleonica) sono di tutto rispetto. Come, appunto sembra di intuire, la trama complessiva del ciclo, dal momento che il finale di questo sembra prefigurare sviluppi assai interessanti.
Voto: 8
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