Fantascienza & Fantasy

Dickson ha una sterminata produzione fantascientifica (per chi non l'avesse letto consiglio caldamente il ciclo Dorsai, veramente notevole), ma scarsissima per quanto riguarda il fantasy.
O meglio: in Italia è stato pubblicato solo "il Drago ed il George", il primo di una serie che conta ben altri otti libri, tutti inediti.
Immagino che questo primo non abbia poi conseguito particolare successo tra i lettori della Fantacollana Nord, eppure trovo che sia una delle più godibili opere fantasy.
Dickson effettua un completo ribaltamento dei classici ruoli.
Il nostro protagonista viene catapultato in un mondo fatato per salvare la fidanzata che è stata rapita dalle Potenze delle Tenebre. Fin qua niente di nuovo, tranne il fatto che Jim, il protagonista, si reincarna nel corpo di un drago. Un giovane drago sprovveduto, che non conosce il mondo in cui è stato catapultato e neppure cosa voglia dire essere un drago. "George", plurale "giorgi", è come i dragi chiamano indiscriminatamente gli esseri umani.
Nella sua quest Jim verrà aiutato da una serie di personaggi, oltre a saggio zio drago c'è il mago acido e gastritico, il cavaliere senza macchia e senza paura, la bellissima arciera, il lupo parlante... insomma un'allegra brigata folle ed infatti il tono del racconto è assai spensierato ed umoristico. Niente a che vedere con l'epica tolkeniana, ma neanche con una parodia di bassa lega.
Il romanzo è breve e si legge d'un fiato. Una vera e propria boccata fresca. Tengo a precisare che, se non ci si lascia fuorviare dal tono scherzoso, in realtà è un romanzo che l'autore ha ben studiato e scritto con cura.
Voto: 7,5
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Gargoyle prosegue nell'ammirevole opera di presentare nuovi autori. Ma soprattutto di valore.
Le spade dell'imperatore (ovvero "le cronache del trono incompiuto", una trilogia) è un vero e proprio "classicone": un nemico misterioso uccide l'imperatore e mette in pericolo l'intero impero. 
La storia è raccontata seguende le peripezie dei tre figli dell'imperatore, il primogenito Kaden che da otto anni vive in un remoto eremo, addestrato da ferrei monaci per conseguire la piena coscienza di se e forse l'acesso ad antichi poteri, il secondo Valyn invece è un cadetto del più incredibile gruppo di guerrieri del mondo conosciuto, ed infine Adare, che pur essendo la maggiore non potrà mai salire sul trono perchè femmina, però è stata nominata ministro.
Intrighi, attentati, omicidi... c'è tutto.
I personaggi magari sono un po' stereotipati, l'ambientazione non è proprio originalissima, ma la storia ha ritmo, si legge bene e scorre. Infatti quello che manca in originalità è compensato dall'intreccio, su cui l'esordiente Staveley si è prodigato.
Tutto sommato un'opera gradevole, e se Staveley saprà migliorarsi potrebbe un giorno scrivere qualcosa al livello di un Gemmel, per fare un nobilissimo esempio (ormai perduto).
Voto: 7
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Abercrombie non è autore capace di scrivere grandi trame, ma pochi possono vantare personaggi più incisivi e veri.
Questo romanzo, il primo della "Trilogia del Mare Infranto", non ha niente a che vedere col mondo della Prima Legge, anche se ovviamente una certa continuità stilistica si avverte. I personaggi sono meno spietati e cinici, anche se la storia del protagonista è quella di perdere l'innocenza adolescenziale per diventare un adulto capace di tutto.
Il Mezzo Re perchè Yarvi, principino di un regno barbarico proto vikingo (non solo i nomi dei personaggi e dei luoghi, ma la stessa ambientazione è assai simile al Baltico medievale), è considerato un mezzo uomo avendo dalla nascita una mano deforme. Quindi ben poco adatto alla guerra, alla vita di un vero uomo. E' destinato a diventare una sorta di sacerdote, ed invece... la vita lo porta in ben altra direzione.
Abercrombie non inventa niente di nuovo (ammettiamolo: chi davvero scrive qualcosa di mai letto prima?), ma rivisita con occhi moderni storie antiche applicandole a personaggi "veri". I suoi protagonisti sorprendono, e per una ragione unica: non fanno mai niente di scontato, almeno in una storia fantasy, semmai si comportano come ci comporteremmo noi. Se avessimo l'onestà di ammetterlo.
Insomma: un'altra prova degna di essere letta. Se siete stanchi di elfi arcieri, troll mazzatori, di maghi e delle loro palle di fuoco, di eroi immacolati e di principesse innamorate.
Voto: 8,5
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Finalmente un film per adulti! Ho letto di tutto su questo film prima di vederlo personalmente. I pareri assai contrastanti andavano da un'esaltazione cieca ad una delusione profonda. Contrastanti, appunto.
Trovo che Intestellar sia magnifico, pur non disconoscendone alcuni difetti (ma secondo me assai poco rilevanti).
La storia è semplice: il nostro pianeta sembra destinato all'estinzione per colpa di una serie di malattie che stanno colpendo le colture. A questo si aggiungono colossali tempeste di sabbia, almeno in quella parte degli Stati Uniti dove vive il nostro protagonista (Matthew McConaughey, ottima interpretazione), quindi tutti gli sforzi sono canalizzati non più alla produzione di beni, bensì di cibo. Come dice una professoressa indirizzando gli studi del figlio di Matthew: "non abbiamo bisogno di ingegneri ma di agricoltori". Addirittura la linea ufficiale del Ministero è che l'uomo non è mai andato nello spazio, era una truffa ai danni dei sovietici per spingerli al collasso economico.
Invece Matthew, ingegnere, è stato l'ultimo pilota della Nasa.
Strani fenomeni che succedono nella camera della figlia (MEGA SPOILER) lo conducono all'ormai dimenticato Norad, dove quel che resta della Nasa sta elaborando delle informazioni trasmesse da alieni riguardanti possibili mondi alternativi dove trasportare la razza umana. Oltre che preparando un'astronave che, attraverso un warmhole che gli stessi alieni hanno creato vicino Saturno, possa fare un balzo iperspaziale ed andare a verificare se la vita là è possibile. Già alcuni anni prima avevano mandato singoli astronauti in ognino di quei mondi per raccogliere informazioni, adesso è il momento di fare un giro finale e scegliere la destinazione che salvi la razza umana.
Ecco: non è molto logico che l'ultimo pilota spaziale del pianeta, invece di far parte della Nasa, faccia il contadino. E che dopo lusti di zappa sia ancora pronto a pilotare una nave interstellare. Come pure che la figlia un giorno diventi il genio che guiderà la Nasa.
Nella seconda metà del film Matthew ed un gruppo di scienziati visitano quei pianeti, affrontando ogni genere di traversia. Il film è lungo tre ore, pertanto di cose ne succedono veramente tante.
In alcuni punti il regista cade un po' nel sentimentalismo, fin troppo amore paterno e filiale che personalmente trovo un po' stonato, ma tolto questo ed i difettucci già detti il film è impeccabile. Le scene sia quelle della Terra del prossimo futuro, che quelle girate nello spazio e sugli altri pianeti, sono molto belle ed evocative. La parte finale, quando scivola oltre l'orizzonte dell'evento, per quanto improbabile è stata sceneggiata -come tutta la parte "scientifica" del film- seguendo le indicazioni di Kip Thorne (fisico teorico di fama mondiale).
In conclusione: un grande film con alcune scene che resteranno davvero nella storia, e pure una colonna sonora azzeccatissima.
Voto: 9,5
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Ovvero quando il nerd assoluto incontra Robinson Crusoe.
Dall'opera di Daniel Defoe qualsiasi storia di abbandono/naufragio deve fare i conti con l'illustre capostipite, ed è ovvio che per tutti quello sia un punto di riferimento. Così come la storia di un amore tragico deve misurarsi con Giulietta e Romeo.
Mark Watney è il più sfigato, ed anche il più fortunato, astronauta della storia.
Abbandonato per morto sulla superfice di Marte dai compagni, in realtà è solo ferito e quindi deve immediatamente darsi da fare per sopravvivere con le limitate risorse che ha a disposizione. Nella speranza che la Nasa trovi il modo per recuperarlo.
Anche se ha veramente ben pochi approvvigionamenti e materiali, ha infinito cervello per sopperire. E' il nerd assoluto: è ingegnere e quindi si intende sia di elettronica che di meccanica, è anche un valido botanico e sa muoversi pure nell'ambito della chimica.
Se Sheldon Cooper avesse scelto il "lato oscuro" delle scienze applicate invece di essere un assoluto teorico, quello potrebbe essere Mark Watney, che però diversamente da lui è anche un grande cazzaro e simpaticone.
A Watney accadrà ogni genere di sfiga ma, non spoilerizzo certamente, alla fine ce la farà. L'autore è anche lui un nerd, ed in certi momento il romanzo soffre un po' dei tecnicismi che gli sono scappati sulla tastiera. Questo è l'unico difetto, ovvero quello di insistere su come trasformare il carburante per razzi in ossigeno e acqua, oppure creare una torta con le ruote che spara raggi laser della morte partendo da una manciata di biglie e due orologi a cucù.
Per il resto il romanzo tiene, ha un buon ritmo e l'autore riesce veramente a farci provare i disagi di vivere in un cubicolo su Marte, alla balia di qualsiasi cosa il pianeta si inventi per spazzare via un essere umano lontano innumerevoli milioni di chilometri da casa.
Finalmente anche in Italia si avverte qualche segnale di risveglio della fantascienza classica, dopo tanto fantasy pubblicato a sproposito (perchè veramente orrendo).
Voto: 7,5
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Indubbiamente in questo film c'è un tentativo da parte del regista (Luc Besson) di utilizzare spunti che hanno "qualcosa" di fantascientico per arrivare ad un prodotto con finalità  filosofico-speculative. Io però non scomoderei nè la fantascienza, ed ancor meno la filosofia.
Con Lucy Besson torna agli inizi (Nikita), Scarlett Johansson è una mezza squinternata che vive a Taipei pur non parlando la lingua (e soprattutto non sembra molto in contatto con la realtà taiwanese, insomma: che ci fa davvero a Taiwan?). Viene coinvolta in un traffico di droga tra Taipei e l'Europa (chissà perchè non gli Stati Uniti o il vicino Giappone) organizzata da una banda di mafiosi coreani (?), quindi suo malgrado le inpiantano nello stomaco un sacchetto di una nuovissima droga sintetica.
Dopo un pestaggio (i mafiosi coreani, o i loro sgherri taiwanesi, sono ovviamente perfidi nonchè stupidi e violenti) il sacchetto si rompe riversando la droga in circolo. Così Lucy diventa una super donna acquisendo poteri quasi mistici, semplicemente sfruttando tutte le potenzialità del cervello umano (mentre lei s'infogna con i coreani, il prof. Morgan Freeman tiene conferenze in tutto il mondio spiegando che gli esseri umani utilizzano solo il 10% del proprio cervello, se ne sfruttassimo  di più i nostri poteri diventerebbero incredibili).
Lucy si libera e comincia a controllare le menti, la materia, i raggi energetici ecc. e si mette in contatto con Freeman, che raggiungerà a Parigi dove il film avrà il suo epicentro e conclusione (inseguimenti, sparatorie, massacri, trascendenze ecc. ecc.).
Dal punto di vista scientifico (o fantascientifico) il film è totalmente implausibile, anche se Morgan Freeman (che si è guadagnato la parte probabilmente per la sua divulgazione scientifica) e la stessa Scarlett cercano disperatamente di convincerci che chi controlla il cervello può controllare anche lo spazio ed il tempo.
Dal punto di vista filosofico si può dire che centra l'obiettivo esattamente com'è riuscito a fare "Django e Sartana, due figli di...", anzi: forse quest'ultimo ha uno spessore maggiore.
Per far intendere meglio la banalità del film: Besson non è riuscito neppure a fare un inseguimento d'auto fuori dagli schemi, non è possibile che a Parigi le auto si inseguano sempre davanti al Louvre! La città è almeno 1.000 volte più estesa!
Non è un film di fantascienza, mi rifiuto di catalogarlo così, non è un film per adulti (anche se Besson aveva ben altre pretese), e non è nemmeno un teen movie, perchè tutte quelle elucubrazioni sull'evoluzione umana potrebbero annoiare a morte un qualsiasi quattordicenne, anche se fatto di amfetamine.
Voto: 4
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Chiunque, in possesso di sanità mentale, rifuggerebbe da un libro scritto da tal "Django Wexler", che sembra lo pseudonimo adottato da zio Edoardo per pubblicare sul web racconti pornografici.
Ed invece... 
Django è effettivamente il nome di un puro concentrato di nerd (ha lavorato addirittura per Bill... Gates), che potrebbe benissimo apparire nella serie TBBT (voto: 10++++), ed ha messo a frutto le sue passioni (in questo caso fantasy e wargame) in questo primo romanzo del ciclo "Shadow campaigns".
La storia è quella di un avamposto formato da scarti dell'esercito reale, stanziati in un regno abbastanza remoto, i cui membri -con l'eccezione del protagonista, il capitano d'Ivoire, uomo retto ma privo di fantasia- aspettano con ansia di essere rimpatriati. Una ribellione di fanatici ha scacciato il re fantoccio e loro stessi dalla capitale, e li ha confinati in una fortezza in stato di abbandono.
Quando finalmente arriva la flotta a salvarli scopriranno, con sgomento, che il piano non è il rimpatrio, bensì la riconquista del regno perduto, sotto il comando di uno strano colonnello.
Il romanzo si divide in due parti: la prima è quella della campagna militare (molto ben scritta) che porta i protagonisti alla capitale. Nella seconda parte prende il sopravvento l'aspetto più fantasy, che poi sarà il filo che annoderà "I mille nomi" alle future pubblicazioni.
Il romanzo è scritto molto bene, i personaggi sono tutti ben costruiti, anche l'ignobile sergente Davies che poteva facilmente cadere nello stereotipo del bullo da quattro soldi. Se proprio si deve muovere un appunto a Django (oltre al nome, ma questa non è colpa sua) è quello di non aver delineato perfettamente l'aspetto fantasy, ma l'ambientazione geografica (nilotico-arabeggiante) nonchè quella storica (la Gran Bretagna dell'era napoleonica) sono di tutto rispetto. Come, appunto sembra di intuire, la trama complessiva del ciclo, dal momento che il finale di questo sembra prefigurare sviluppi assai interessanti.
Voto: 8
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Finalmente un altro romanzo di fantascienza, a mente è il 4° (o giù di li) libro che acquisto quest'anno. Oltretutto si tratta di un acquisto "pesante", avendo Scalzi conseguito con questo il Premio Hugo 2013.
Quest'opera è stata scritta da un appassionato nerd che ha voluto in qualche maniera "onorare" Star Treck, con una parodia il cui scopo però non è denigratorio, bensì l'opposto.
Ovviamente Scalzi non può citare Star Trek, ma i personaggi principali, da Kirk a Spock, a Scotty per arrivare a Checov (uno dei coprotagonisti del romanzo) sono perfettamente individuabili.
La trama in sè non è originalissima, un po' Pirandello ed un po' Dick, Scalzi mescola insieme viaggi nel tempo, gli universi paralleli e Star Trek (appunto) più che altro in un gioco, dal tono volutamente leggero, leggerissimo. Il romanzo se vogliamo è una lunga preparazione alla sua postfazione, nel quale il tono cambia completamente, il gioco diventa sostanza e la finzione realtà.
Ed è anche, probabilmente, la ragione per cui ha vinto il premio. Al riguardo ammetto onestamente di non essere d'accordo: "Uomini in rosso" è un buon romanzo, nonopstante il tono leggero è ben strutturato, ragionato e ponderato, ma se si è trattato sul serio della migliore opera del 2013... non siamo messi benissimo.
La trama in poche parole: un gruppo di reclute salgono a bordo dell'astronave Intrepid ed in breve scoprono i viaggi interstellari non portano solo l'uomo là dove non è mai giunto prima, ma quasi sempre ve ne lasciano almeno uno, cadavere. La ragione di questo, e delle innumerevoli assurdità che succedono sulla Intrepid, sarà una scoperta sconvolgente per il guardiamarina Andrew Dahl ed i suoi compagni.
Tutto sommato un buon romanzo (ma David Brin, C.J. Cherry o Vernor Vinge hanno scritto ben altra fantascienza!).
Voto: 7+

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Parlando di Turtledove la prima cosa che viene in mente è il Ciclo di Videssos, articolato a sua volta in varie sotto fasi (la prima, quella della Legione Perduta, è una delle migliori ed appassionanti serie mai scritte).
Di valore minore, ma comunque "leggibili", sono altri cicli, come quello dell'Invasione ed il successivo Colonizzazione.
Purtroppo nel suo eclettismo Turtledove si è voluto cimentare anche con gli universi paralleli (Crosstime Traffic), e come se non bastasse il ciclo sarebbe indirizzato ad un pubblico adolescente.
Il primo volume pubblicato in Italia è "Guerre imperiali", seguito da "l'ultimo Reich". Fortunatamente la Hobby & Work ha sospeso la pubblicazione dei romanzi successivi. L'idea è quella dello sfruttamento da parte di una società (per cui lavora la famiglia protagonista, ovvero i genitori dei due adolescenti protagonisti) degli universi paralleli, rimasti ovviamente tecnologicamente indietro rispetto alla Terra dei protagonisti. Così nel primo romanzo, dove l'Impero Romano non è mai finito soffocato però da una cieca burocrazia e tecnologicamente fermo al 300 d.c., i nostri eroi dovranno vendere gadget di bassissima tecnologia (orologi patacca, specchi e coltellini svizzeri) in cambio di derrate alimentari. La macchina che permette gli spostamenti si blocca nel momento in cui i genitori sono costretti a tornare nel loro mondo, così fratello e sorella sono costretti  a cavarsela durante un assedio che l'impero nemico di Roma ha fatto proprio alla città che li ospita (colmo della sfoprtuna!).
Turtledove non ha mai avuto uno stile particolarmente ricco, ma in questo caso si può indiscutibilmente parlare di scrittura piatta. I personaggi, tutti indiscriminatamente, sono stereotipati e privi di qualsiasi credibilità Soprattutto la trama è praticamente inesistente, possono trascorrere decine di pagine assolutamente vuote con l'unico intento di spiegare cosa fosse l'impero romano e quanto sia meglio l'America.
Scrivere per adolescenti non significa scrivere per deficienti. Questi romanzi (il successivo se possibile è peggiore) sono indirizzati non ad un lettore adolescente, bensì ad un lettore che ha subito gravi menomazioni cerebrali.
Non se ne può consigliare l'acqusto neppure per usi alternativi: ad esempio per tavoli zoppicanti oppure l'accensione della carbonella (la carta non è di qualità).
Illeggibili ed inutili in senso assoluto.
Voto: 1
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La pubblicazione di questo libro ci fa capire, meglio di moltri altri esempi, quanto sia profonda la crisi della fantascienza in Italia. Venti anni fa un romanzo come questo sarebbe stato impensabile vederlo pubblicato. Dalla più piccola casa editrice italiana alla sua seconda uscita. La Nord o la Mondadori se lo sarebbero disputato e probabilmente lo avremmo visto tra i Cosmo Argento.
Quando ancora si pubblicava fantascienza.
Ringraziamo Zona 42 ed andiamo avanti, verso questo triste crepuscolo post atomico (e pre "urban fantasy"), col suo commento.
Questo romanzo ha una delle più belle ambientazioni che abbia mai letto: si svolge all'interno di una sfera chiusa (Virga)  costruita intorno ad un sole (Candesce). Nell'immenso volume di spazio così generato gli esseri umani hanno sviluppato habitat/nazioni che ruotano intorno al Sole principale; oppure sono andati più lontano dal suo calore rendendo abitabile lo spazio gelato accendendo piccoli "soli" artificiali. Chi è in grado di controllare l'accenzione di un "sole" ha il controllo del potere. La gravità, ovviamente, è solo quella dovuta alla rotazione degli habitat. Tutto il sistema socio/economico ed ecologico costruito da Schroeder sulla base di queste premesse è perfettamente coerente, e credibile. Il sistema del Sole dei soli, poi, è volutamente tenuto (anche per la scarsità delle risorse) in una relativa arretratezza tecnico/scientifica.
Questo romanzo è solo uno di un ciclo che vede Virga come vero protagonista, mentre nello specifico è Hayden Griffin il personaggio principale. La storia è picaresca, rutilante di avventure, battaglie e colpi di scena. Ha qualcosa di Jack Vance, di Vernor Vinge e di Poul Anderson. Ma oltre questo livello, indiscutibilmente piacevole e godibilissimo, ce n'è anche un altro che riguarda Hayden, orfano in cerca di vendetta contro coloro che gli hanno ucciso i genitori mentre cercavano di accendere un nuvo sole e liberare dal giogo dell'oppressore la propria nazione/habitat. Riguarda il prendere coscienza che il bene ed il male, il giusto o lo sbagliato, non sono poi così chiari e netti. Diventare adulti è un'operazione complicata, e la vita è fatta più da sfumature che da toni netti.
Sinceramente non capisco perchè quest'opera non sia finita fra i finalisti del Nebula o dell'Hugo.
In conclusione: un romanzo che non deve mancare nella libreria del vero appassionato di fantascienza. Oltretutto ha anche una copertina veramente bella (tanto che, contrariamente al solito, la pubblico nel blog).
Voto: 9
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Non può non venire in mente Abercrombie leggendo questo romanzo (il primo di un ciclo). Lo stile è quello: rude, duro e violento. Anche i protagonisti ricordano molto quelli di Abercrombie (il parallelo tra Brodar Kayne e Logen Novedita è indiscutibile), ma non sono tratteggiati così bene. In compenso l'intreccio e l'ambientazione sono più ricche.
I nostri protagonisti si muovono in un mondo in rovina, nel quale gli Dei sono stati uccisi dai Sommimaghi, uomini che col trascorrere dei secoli sono diventati capricciosi e crudeli esattamente come gli Dei che avevano voluto eliminare. Sono loro che governano l'angolo di mondo dove si svolge la storia, ed è il loro conflitto per la supremazia che muove lo svolgimento del racconto. E' un mondo crudele quello che descrive Skull, la vita umana è praticamente priva di valore, si può morire per poco, niente addirittura.
I vari protagonisti cercano di sopravvire, ognuno facendo la cosa giusta, qualcuno per se altri meno egoisticamente.
Dietro lo scontro tra i tre Sommimaghi maggiori (in realtà ce ne sono di più, ma uno sparisce all'inizio e degli altri se ne parla appena) s'intravede qualcosa di assai peggiore, che indiscutibilmente costituirà il nucleo dei prossimi volumi che si preannunciano interessanti.
In conclusione non si tratta di un capolavoro, ma il ritmo è assai sostenuto, la storia è abbastanza elaborata, si legge veramente di corsa e viene voglia di procurarsi subito il secondo volume. Sinceramente non è poco.
Voto: 7,5
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Richard Ford, scrittore inglese, ha esordito nel fantasy (scrive anche steampunk e urban fantasy) con questo romanzo, prima opera del ciclo di Steelhaven.
Bisogna riconoscere a Ford una certa ambizione: ci sono numerosi personaggi e di capitolo in capitolo lo svolgersi della storia è vista attraverso i loro occhi. Compresi quelli di qualcuno che non può essere ascritto nel'elenco dei "buoni". Può capitare che lo stesso avvenimento sia seguito da più angolature, ed è interessante.
In questo primo libro la storia, però, segue un percorso fin troppo classico: il cattivo di turno ha preso il controllo delle tribù dei barbari che infestano i confini del regno ed ha plasmato un temibile esercito. Per andare sul sicuro e vincere la guerra ha deciso di avviluppare la città di Steelhaven in una rete di intrighi.
Lo stile di scrittura, il ritmo degli avvenimenti ed i personaggi, in qualche modo ricordano Abercrombie, l'ambientazione invece Lynch, però non raggiungono i loro livelli.
Il fatto di cambiare ad ogni capitolo protagonista, ed aver creato una serie di personaggi comunque interessanti (con l'eccezione della principessa, una petulante banalità uguale a mille altre principesse), arricchisce il romanzo di un certo brio.
Sicuramente non è un capolavoro, ma essendo ormai in tempo di letture sotto l'ombrellone, non se ne può non consigliare la lettura.
Voto: 7-
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Premio Nebula 2009, e nel 2010 premio Hugo e J.W. Campbell. Un pedigree più che sufficiente per stimolarne la lettura.
Che in effetti è meritoria quanto doverosa.
La storia si svolge in una Bangkok di un futuro abbastanza prossimo, nel quale bioterroristi e società biotecnoligiche si sono date da fare per manipolare e distruggere il DNA delle coltivazioni commestibili. La popolazione è stata decimata dalla carestia a dalle pestilenze conseguenti alle manipolazioni genetiche. La Thailandia possiede forse l'ultima banca dei semi esistente, e sicuramente possiede la capacità di produrre nuove specie commestibili a causa di un rigido embargo contro le multinazionali produttrici di sementi (le uniche in grado di generare nuovi prodotti, solo temporaneamente inattaccabili alle mutazioni perniciose), le quali disperatamente vogliono conquistare anche l'ultimo territorio che si oppone al loro strapotere.
Uno dei protagonisti del romanzo è un inviato di una delle multinazionali che controllano il pianeta, che cerca di scoprire i segreti di Bangkok, città corrotta quanto mai dove si scontrano ministeri ed alti ufficiali in un'incessante lotta per il denaro ed il potere. Un altro protagonista, forse ancora più convincente, è il suo segretario, un profugo cinese aggrappato alla vita e ciecamente dedito ai propri interessi personali, tanto da essere la causa involontaria del disastro successivo.
La ragazza del titolo è una creatura anch'essa frutto della manipolazione genetica, e quindi disprezzata come sub-umana, senza diritti e per questo sfruttata oltre ogni limite.
Molti sono gli spunti di lettura, e di riflessione, a seconda dei vari personaggi (chi sono i buoni? chi i cattivi? Al lettore la decisione).
Il romanzo è scritto molto bene, purtroppo è fin troppo credibile, ed i personaggi sono ben costruiti, anche quelli secondari.
Bisogna ammettere che è un'opera solida, indiscutibilmente da leggere.
Voto: 9
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Stranamente questo romanzo viene presentato come un'opera fantasy, cercando di non spoilerare dico soltanto che, dati gli argomenti trattati, decisamente non è un romanzo fantasy, semmai è vera e propria fantascienza.
I protagonisti sono i Bambini, umani immortali che muoiono al compimento del 14° anno di età per poi rinascere altrove. Conservando i ricordi delle vite precedenti. Ovviamente la loro visone del mondo è assai particolare, come pure il loro rapporto con le famiglie "pro tempore" (circondati dall'amore di una madre che lo è solo biologicamente e che, in confronto alla loro esperienza plurimillenaria, è davvero una bambina).
Le loro vite non sono poi così meravigliose come si potrebbe immaginare: rinascere con le facoltà mentali ed i ricordi intatti nel corpo di un inerme neonato, destinati ad una breve vita biologica con pochissima autonomia individuale.
Eppure, col tempo, sono riusciti a costituire un Network mondiale, cui partecipa buona parte dei 421 membri della loro stirpe.
Una scoperta scientifica ed una terribile minaccia pongono in pericolo non solo i Bambini ma l'intera razza umana, e solo loro sono in grado di salvare il pianeta.
Questa è la storia per sommi tratti. Il romanzo è ben scritto, ha ritmo e si legge via via sempre più velocemente. I vari personaggi sono ben tratteggiati, forse i "cattivi" sono un po' più "sfumati", ma complessivamente è scritto molto bene, soprattutto il protagonista principale, Arthur, è un perfetto, strano "Bambino" dove l'autore è riuscito a collocare aspetti da millenario soggetto che ha attraversato tutte le epoche storiche insieme ad elementi di adolescente in attesa dell'età adulta (che non ha mai vissuto realmente).
Ad essere onesto non ho capito la fine, nel senso che gli avvenimenti descritti sembrano incompatibili. Evidentemente c'è un sottinteso che non sono riuscito a cogliere. Che forse sarà più chiaro nei prossimi libri (si tratta di una trilogia).
Voto: 7,5
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Arida quanto mai la pubblicazione di nuove opere fantascientifiche, almeno in Italia, ho deciso di riprendere in mano un vecchio classico che avevo letto così tanto tempo fa da non ricordarne quasi nulla.
L'opera è stata elaborata partendo da tre diversi racconti, e si nota dalla struttura che ruota attorno ad una serie di vicende e di protagonisti diversi, ovviamente connessi.
Il primo racconto è addirittura del 1941, mentre il romanzo è stato pubblicato nel 1951.
Siamo intorno all'anno 7000 e l'imperatrice Innelda Isher vuole piegare al suo potere assoluto l'intero sistema solare. Non per cattiveria, beninteso, semplicemente per ristabilire l'ordine presso un'umanità che conta più di dieci miliardi di anni. Al suo potere si oppongono i negozi d'armi, la cui ragione di essere -come da statuto del loro fondatore- è quella di controbilanciare il potere del governo e garantire, quindi, una sorta di democrazia. Uno dei protagonisti, suo malgrado, è un giornalista del 20° secolo che si trova catapultato, letteralmente, nel tempo ed è dalle sue vicenda che rpende le mosse la storia.
E' evidente che l'opera risente del periodo storico in cui è stata scritta. Per molti aspetti è ingenua, descrive un approccio "scientifico" a poteri mentali che tradiscono la  vicinanza di van Vogt alle idee del collega ed amico Hubbard, fondatore della Dianetica. Il mondo che descrive è una specia di America anni '50, divisa fra campagnoli e cittadini, che ricorda certe opere di Hopper. L'energia atomica usata un po' per tutto... però van Vogt "inventa" anche il "telestato", una specie di internet del 68° secolo. E' un romanzo dove c'è un po' di tutto, dai viaggi nel tempo ai poteri mentali, appunto, la burocrazia ossessiva e corrotta e la lotta per la libertà.
Non è un capolavoro, intendiamoci, ma se teniamo presente che è del 1941 ci si può rendere conto di quale fosse il clima dell'epoca, culturale e scientifico.
E di come, di converso, fra 73 anni sembreranno ingenui i romanzi pubblicati oggi.
Voto: 6,5
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Ricordo ancora l'edizione Rusconi de "il Signore degli Anelli", costava uno sproposito (mi sembra 50.000 lire) e nonostante il contributo pubblicitario del film di Bakshi (1978) non erano in molti ad averlo comprato. Allora neppure io.
E sto parlando di Tolkien, ben 1300 pagine circa del miglior fantasy mai scritto.
Elantris costa 30 euro, per circa 700 pagine.
Soprattutto Sanderson non è Tolkien. E si "legge".
La prima cosa che ho letto di Sanderson è stata la conclusione della Ruota del Tempo (Jordan). Torrenziale e prolisso come il "de cuius" è riuscito anche a conservare il suo stile. Con questo "viatico" mi sono deciso ad acquistare il primo libro di Mistborn. Non era un granchè ma ho voluto concedergli comunque un'altra possibilità e così ho comprato anche "La Via dei Re" (il primo volume de "Le Cronache della Folgoluce"), e lo apprezzato tanto da attriburgli un bel 7,5.
Così sono arrivato ad Elantris, opera che ho trovato citatissima in rete.
Evidentemente ormai in rete solo i dodicenni (young adult?) leggono e lasciano commenti. L'ambientazione (la città di Elantris, in rovina, abbandonata dai suoi abitanti, creature con poteri semidivini, nonchè la città di Kae ed i reami circostanti) è decisamente piatta ed incolore. Sembra più che altro un fondale cartonato.
I personaggi sono stereotipati, soprattutto del tutto privi di spessore psicologico. Hanno comportamenti così incongrui che nella realtà persino uno schizoide bipolare sembrerebbe perfettamente sano di mente. Inoltre Sanderson, come qualsiasi altro scrittore carente d'inventiva ed incapace mettere un po' d'azione, sopperisce alle sue carenze cercando di sommergere il tutto sotto valanghe di parole e dialoghi interessanti come un nebbioso novembre a Marghera.
La storia è vista attraverso gli occhi dei tre protagomisti: il principe e la principessa che solo apparentemente non sembrano destinati a coronare il loro amore, ed il cattivo che poi cattivo non è in quanto il vero cattivo è un altro. I buoni cercano di risolvere i loro problemi ed allo stesso tempo di salvare la città, il regno ed il mondo dai cattivi, i cattivi invece fanno i cattivi. All'ultimo secondo dei tempi supplementari i buoni vincono.
Tornando al ciclo della Ruota del Tempo è evidente che il materiale lasciato da Jordan necessitava solo di un tizio sufficientemente prolisso per trasformarlo in romanzo, quandi Sanderson si è dimostrata un'ottima scelta.
Dopo aver letto Elantris, ed anche Mistborn, la vera domanda è: chi ha davvero scritto la Folgoluce?
Voto: 3,5
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Prendete "Salvate il soldato Ryan", aggiungete "Ricomincio da capo" e mixatelo con "Indipendence Day" ed otterrete questo film.
Il tema dell'invasione aliena è uno dei più sfruttati della fantascienza, e non per questo vorrei parlare male del film. In fondo l'idea funziona sempre se è ben sviluppata, ed infatti ci sono recentissimi esempi (una decina, più o meno, negli ultimi anni). Possono cambiare gli scenari, ma all fine è sempre la guerra tra il bene ed il male, con l'eroe che vittoriosamente consegue la salvezza finale. Che si tratti delle Termopili o di Tattooine la storia è sempre quella.
In questo caso il regista (Doug Liman, che aveva girato il non degno di nota Jumper) ha diretto un film decisamente senza alcun briciolo di inventiva. I cattivi Mimic (immaginate un felino alieno composto da matasse di fil di ferro particolarmente nevrotiche) hanno occupato l'Europa e minacciano di invadere anche la Gran Bretagna, dove è stato mandato il protagonista, il maggiore Cage (Tom Cruise, l'unica vera "novità" del film è che al 52enne sono riusciti a togliergli almeno venti anni dal volto, miracoli dei truccatori e della chirurgia) dell'esercito americano ma in realtà uomo di PR, così vigliacco che il comandante in capo inglese decide di sbatterlo in mezzo alle truppe che il giorno dopo invaderanno la Francia.
E così, rubandolo praticamente a Spielberg, ecco lo sbarco in Normandia (più o meno) nel quale il nostro eroe ha una fondamentale disavventura, che lo sbatte pari pari nel Giorno della Marmotta (Ricomincio da capo, graziosa commedia con Bill Murray e Andie Mac Donald (trama riproposta anche in Italia da Albanese) e così comincia un infinito loop, che se al tempo di Bil Murray era divertente adesso sembra solo l'infinito tentativo di vincere un videogame.
E' impossibile rovinare il finale, quindi i buoni vincono, ma fino ad allora c'è tanta adrenalina (combattimenti ecc. ecc.) ma qualcosa che stimoli il cervello decisamente no. Se non individuare le varie scene "rubate" ad altri film (questo piacere ve lo lascio).
Se volete gustarvi un film con una porzione da due chili di pop corn ed una tanica di birra, questo è perfetto. Sennò sono costretto a dare come
Voto: 4,5
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Dinosauri e viaggi nel tempo, così potremmo sintetizzare il romanzo pubblicato da Urania. E non renderemmo onore a Swanwick perchè, diciamolo francamente, la reazione davanti ad un altro romanzo incentrato su questi due temi non potrebbe che essere quella di sgomento e noi.
Ed invece l'autore ci sorprende, nonostante l'argomento sia fra i più usati (ed abusati) della storia della fantascienza, il romanzo è ben strutturato, contiene alcuni spunti originali, insomma: dimostra che è possibile affrontare in modo nuovo argomenti ormai vetusti.
Swanwick è un autore eclettico, personalmente voglio credere che abbia voluto fare una scommessa, ovvero provare a scrivere  un romanzo che qualsiasi vero scrittore con sufficiente onestà intellettuale avrebbe rifiutato.
"Ancora dinosauri!". "Viaggio nel tempo: no grazie!".
In questo caso la scommessa è vinta, perchè l'intreccio è sufficientemente intrigante, ed anche come ha affrontato la storia, incrociando non solo i piani temporali ma anche le storie dei tre protagonisti (perchè comunque la si voglia vedere, protagonista non è solo il paleontologo Richard Leyster, ma anche il burocrate Griffin e l'altra paleontologa Gertrude Salley).
Il romanzo richiede una certa attenzione per quanto riguarda gli aspetti dei "paradossi", ma che storia di viaggi nel tempo sarebbe senza il paradosso? Soprattutto in questo caso la soluzione è particolare, e solo dopo ci si rende conto che è un aspetto centrale della storia, oltre che funzionale alla conclusione del romanzo.
In conclusione: un romanzo da consigliare.
Voto: 7,5
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C'è un certo genere di scrittura in cui si sente molto forte a sensibilità femminile (ovviamente non sto parlando di letteratura "rosa"). Certo, lo stesso si può dire in senso opposto per quanto riguarda buona parte della fantascienza e del fantasy "maschile", ma resta il fatto che i due generi sono stati creati soprattutto da "scrittori" per "lettori".
Ed il Ratto è, giustappunto, un maschio.
Detto ciò arriviamo al romanzo in questione.
Non l'ho capito.
E' la storia della povera orfanella nipote del più potente sovrano che governa, con l'aiuto del dio supremo, ogni regno del mondo, che viene trascinata nel palazzo reale per disputarsi con gli altri due cugini la successione al trono. Il tutto è reso ancor più complicato dall'intervento di altri dei, fratelli e figli del dio supremo, resi schiavi, asserviti alla famiglia della protagonista.
Segreti indicibili, questioni morali, tradimenti, crudeltà e macchinazioni.
Tutto questo dovrà superare l'orfanella prima di arrivare ad una conclusione.
Indiscutibilmente il romanzo non ha incontrato il mio favore. Riconosco che sembra essere stato scritto bene, ed anche strutturato con una certa cura.
Ma il risultato purtroppo mi ha lasciato deluso.
Ci sono state grandi scrittrici, penso alla Le Guin, alla Tiptree, Zimmer Bradley... ecc ecc. (oppure a Delaney, per quanto riguarda gli scrittori "afro"... la Jemisin è di colore), ma nessuna di loro mi ha dato così forte la sensazione di una scrittura di genere. "Femminile", ed anche un po' di colore, appunto.
Forse quello che per me è un limite, lei lo considera un punto di forza. Ma resta il fatto che questo romanzo non mi è piaciuto.
E" il primo romanzo di una trilogia.
Voto: 5
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Questo secondo romanzo della trilogia del Silo è indiscutibilmente superiore al primo che, seppur scritto con sufficiente verve e ritmo, mancava di elementi capace di dargli un "qualcosa" in più. Con questo secondo volume la storia acquisisce di spessore, di profondità e di una sua autonimia rispetto ad una delle tante distopie postcatastrofiche sotterranee di cui la fantascienza ha già scritto abbondantemente negli ultimi 70 anni.
Anche in questo caso il romanzo è scritto attraverso più personaggi ed è spalmata in un lungo arco temporale (SPOILER) ricongiungendosi alla fine con il preceente volume. Il terzo e conclusivo presumibilmente servirà a unire i due principali personaggi dei due reomanzi, che dovrebbero portare in salvo ciò che resta del'umanità.
Invero non si può entrare nello specifico della stria senza privare così il piacere della lettura all'aspirante lettore. Il quale, se non conosce il ciclo, è fortemente consigliato di cominciare dal primo libro (Wool). La trama è indiscutibilmente ben strutturata, così pure lo svolgimento. Quaslhe appunto semmai lo si deve fare sui protagonisti principale, se nel primo romanzo l'eroina era fin troppo positiva e volitiva, nel secondo il politico è un po' troppo piagnone e indeciso, e quindi calcando un po' troppo la mano sulle sue debolezze scade in credibilità (perchè mai il deus ex machina di tutto il progetto si è affidato così tanto ad un simile pappamolla?).
Nell'ormai inaridito fiume della fantascienza moderna (per leggere una novità, almeno in Italia, bisogna attendere una bolla papale) direi che questo ciclo diventa imperdibile. Sinceramente dire ciò mi addolora.
Voto: 8
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Si tratta di tre racconti, scritti nell'arco di oltre un decennio, che vedono come protagonisti un cavaliere errante di umilissime origini (Dunk, ovvero "Ser Duncan l'Alto", di Fondo delle Pulci) ed il suo scudiero che proprio umilissimo non è. Anzi: sotto le spoglie del discolo Egg si cela Aegon Targaryen, sangue dei Draghi. Non sto spoilerando più di tanto: in poche pagine il segreto viene svelato.
E' evidente che Martin aveva preso molto in simpatia l'idea di inserire questa strana coppia nella sua storia, ma nel ciclo principale era ben difficile giustificare un Targaryen (oppure un Lannister o uno Stark) in siffatta situazione, e comunque l'impatto si sarebbe annacquato alquanto.
Così ha anticipato di qualche decennio la loro narrazione, che si svolge fra i novanta ed i cento anni prima rispetto a quelle principale.
Il primo racconto è del 1998, agli albori del ciclo, mentre il secondo ed il terzo sono più recenti (2003, 2010) a conferma che la sua vena creativa si era un po' inaridita. Sennò per quale altra ragione avrebbe perso del tempo a scrivere storie secondarie quando lo scontro principale era ancora nel caos narrativo più completo?
Probabilmente Dunk ed Egg sono serviti a Martin per "staccare un po'", per riprendere il filo di una storia che stava diventando troppo complessa ed articolata, senza allontanarsene troppo.
In ogni caso il libro si legge bene. Dei tre racconti il primo è il più appassionante, anche se a dire il vero la sua originalità è prossima allo zero Kelvin. Il secondo racconto è più originale, ma la storia lascia un po' di amaro in bocca.
Per chi è già "drogato" delle Cronache del ghiaccio e del fuoco ovviamente questo libro è un "must". In ogni caso si tratta di una piacevole divagazione nel fantasy.
Voto: 7,5
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Ogni lista pecca di soggettività, ovviamente. Questi, quindi, sono i film che ho amato, oppure apprezzato (magari anche entrambe le cose) e che più mi sono rimasti dentro. Sicuramente ho dimenticato qualcosa, ma dal momento che ciò è evidentemente successo, conseguentemente sono a ragione esclusi dalla lista.


Blade runner
Un film perfetto, impossibile trovarvi un difetto,ha anticipato magnificamente il futuro che poi si sta concretizzando, ineccepibile sotto ogni punto di vista. Potrà essere banale e scontato questo primo posto, ma se l'è meritato.


L'impero colpisce ancora
Della più grande saga fantascientifica mai girata ad oggi (Star Wars) è rimasto il migliore, peccato per la seconda trilogia (in ordine di uscita), se Lucas avesse usato meno mezzi ma la stessa inventiva e qualità...


Alien
Scott è riuscito magnificamente a traspondere uno degli archetipi fondamentali della psiche umana nella banale crociera di un'astronave da trasporto.


Matrix
Visionario, inquietante viaggio in uno dei nostri possibili futuri.


Il pianeta delle scimmie
Magistrale trasposizione cinematografica del romanzo di Pierre Boulle, probabilmente per la prima volta, con forza, l'umanità non è più il centro dell'universo.

2001 odissea nello spazio
Perchè è un film completo, opera di uno dei più grandi registi, l'opera che ha cambiato il modo di fare fantascienza al cinema.
 
L'ultima spiaggia
E' un film in piena guerra fredda (1959) tratto da un romanzo uscito giusto due anni prima. Tipico film fantapolitico (Il Dottor Stranamore, un altro titolo celeberrimo di quegli anni) che descrive gli ultimi giorni di vita, soprattutto in Australia, dei protagonisti nell'attesa che il fallout atomico uccida quel che resta della razza umana, nell'attesa dei risultati di una impossibile missione militare al polo nord. Da vedere.

 
DuneE' indubbio che Linch avrebbe potuto osare assai di più con il materiale a disposizione (una delle più grandi opere mai scritte), ma è altrettanto indiscutibile che il film fosse avanti di almeno venti anni rispetto a quello della sua uscita (1984) sugli schermi.
 
Atto di forza
Anche se il romanzo di Dick da cui è tratto poteva essere sviluppato meglio, in ogni caso quel senso di alienazione tipica della narrativa dickiana si coglie, e poi è comunque un film dal forte impatto.


Il pianeta proibito
Un classico, che ha contribuito non poco a cambiare la fantascienza sugli schermi. Visto con gli occhi di ora (intossicati da troppi effetti speciali) può sembrare povero, ma è ricco di tensione e di minaccia. Nonchè di sottintesi e metafore.

 

Meritevoli di citazione
  
Andromeda
E' stato indicutibilmente il capostipite di un genere fantacatastrofico, in ogni caso è solidamente girato (tratto da un romanzo di Crichton).


Stargate
Contenuti nulli, i riferimenti "egizi" da cacciatore di Ufo, ma d'impatto visivo indiscutibile e dal godibile contenuto avventuroso. E poi ha generato più serie tv di discreto successo.

Contact
Il "primo contatto" è indubbiamente uno dei "miti" fondamentali della fantascienza, non apprezzo l'approccio di Spielberg (ET e soprattutto Incontri ravvicinati) a metà strada fra l'onirico e l'adolescenziale, mentre il film di Zemeckis, tratto da un romanzo di un vero scienziato (Sagan), trovo che sia rigoroso ed allo stesso tempo pieno di quel "sense of wonder" che connota la buona fantascienza.

L'esercito delle 12 scimmie
Altra fantascienza post apocalittica (virus anche in questo caso) con in più la variabile dei viaggi nel tempo. Il miglior Bruce Willis mai avuto sugli schermi per un'opera magistralmente girata da Terry Gillian.

Arancia meccanica
Come non menzionare (nuovamente) Kubrick? Il film è tratto dal romanzo di Burgess, ed anticipa perfettamente la degenerazione sociale delle metropoli moderne, e l'intervento  della politica per la soluzione del problema. Si tratta anche di una domanda ancora attualissima sul rapporto tra violenza e società.. E' uno dei film cult degli anni '70, adesso un po' datato, ma allora fu dirompente.
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Si tratta di un romanzo steampunk con profonde venature fantasy, il primo di un ciclo che ha come protagonista Thomas Blackwood, investigatore per l'Ufficio Affari Clandestini di Sua Maestà la Regina Vittoria.
L'ambasciatore di Marte (alla corte della Regina Vittoria, il titolo completo) muore misteriosamente, ed i primi indizi sull'avvenimento minacciano di compromettere seriamente i rapporti tra l'Impero Britannico ed il pianeta Marte.
Blackwood, incaricato dal Nonno (in pieno Bond Style) insieme alla bella Lady Sophia Harrington, avrà il gravoso compito di dipanare la matassa di intrighi che minaccia la pace tra i due pianeti e di salvare al Terra dalla totale distruzione.
Il romanzo comincia bene, con un certo ritmo, ottima ambiantazione steampunk ed una serie di indizi ed avvenimenti che lasciano intravvedere oscure trame.
Poi però un po' si perde, il mistero viene svelato troppo presto e soprattutto la sfumatura fantasy è veramente mal coordinata col resto. I cattivi sono banali e stereotipati, mentre i personaggi positivi hanno poco spessore, sono quasi inconsistenti.
Complessivamente il romanzo non decolla, o meglio: dopo il decollo s'accascia al suolo, come i primi biplani del fratelli Wright che si staccavano di pochissimo dal suolo per ricadervi dopo poche decine di metri.
Da leggere sotto l'ombrellone, quando il solleone inpazza, oppure nel letto in compagnia di una fastidiosa influenza. Peccato, perchè è una vera occasione sprecata.
Voto: 5
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Tecnicamente parlando si tratta di un film di fantascienza post apocalisse (è tratto da un fumetto francese) ma per l'estrema improbabilità complessiva del "contesto" personalmente lo ritengo più un "fantasy". Certo, anche l'esistenza dei Romulani è altamente improbabile, ma non per questo catalogherei come fantasy Star Trek.
Torniamo al film: la storia probabilmente è ottima per un fumetto, ma sul grande schermo... il pianeta è completamente coperto dai ghiacchi, l'umanità è completamente sterminata a causa di questa nuova era glaciale con l'eccezione di coloor che sono riusciti a salire a bordo di un treno che gira senza sosta per tutto il mondo. Nei vagoni di coda vive la feccia, oppressa e sfruttata, nella locomotiva il visionario miliardario che ha costruito il treno e la ferrovia. L'eroe guida la riscossa e nel lungo percorso e sanguinoso verso la testa gli succederanno molte cose. Finchè alla fine un terribile segreto verrà svelato (segreto solo per coloro che sono stati un po' distratti, per gli altri è molto banale).
Se non fosse per la mostruosamente brava Tilda Swinton (che interpreta magistralmente la perfida ed untuosa Mason), una grande attrice si vede anche in film di ben diverso spessore rispetto alla sua solita filmografia, il resto del cast potrebbe essere quello di un telefilm (Chris Evans  legnoso, John Hurt usato pochissimo).
Lo stile della regia è quella tipica coreana, probabilmente è Bong Joon-ho colui chein qualche modo è riuscito col materiale a disposizione a strappare una sofferta sufficienza.
In conclusione è appena passabile, però vista l'attuale offerta cinematografica...
Voto: 6,5
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Da un fatto storico avvenuto nel 18° in Giappone Hollywood ha voluto trarne un film, alla solita maniera hollywoodiana. Insomma: 47 samurai cui lo shogun concesse di uccidersi con onore (mediante seppuku) nonostante il terribile delitto commesso (aver disubbidito ad un suo ordine) grazie al coraggio dimostrato per vedicare il loro signore, in questo momento stanno meditando la più tremenda delle vendette.
Coraggio, onore e lealtà che li condussero al loro destino di morte non potevano essere "sputtanati" così. Un vero e proprio crimine, per produrre in film indegno.
La storia è diventata una specie di farlocco fantasy pseudo giapponese, da qua l'interesse a commentarlo. Più che altro per difendere l'appassionato tradito da alcune stravaganti recenzioni trovate su internet. Chi ha commentato bene questo film non può che essere un azionista della casa di produzione. Oppure ha finito le medicine.
La cosa peggiore è osservare per circa due ore la tragica figura del protagonista, quello che fu un attore che ha lavorato molto nel campo della fantascienza e del fantasy: Keanu Reeves. Non è tanto l'imbolsimento generale da appassionato di Big Mac (si muove come un cinghiale trafitto da decine di dardi di tranquillanti), piuttosto l'evidente tracollo dovuto ad una vecchiaia piombatagli addosso disperatamente. Tutti siamo destinati ad invecchiare, ma come a suo tempo Keanu appariva quasi alieno per i suoi lineamenti, adesso sembra pagare duramente quel credito infinito.
La storia è la solita: il cattivo, sobillato da una perfida strega (i due personaggi meno sono credibili del peggior albo da fumetti mai sfogliato), inganna il tutore di Keanu (trovatello e mezzosangue, come tanti personaggi di Dickens ma con ben altro spessore) e padre della bella fanciulla (che ovviamente ama il brutto anatroccolo, disprezzato anche dagli amici) ed in pratica lo fa condannare a morte mediante seppuku. I suoi samurai decidono di vendicarlo, diventando fuorilegge ronin, ed ovviamente grazie all'indispensabile anatroccolo diventato cigno giustizia ed amore trionfano sul male.
Si può salvare qualcosa?
Decisamente no.
Il film è pura sofferenza. Da vedere solo se avete scoperto inclinazioni per il masochismo cinematografico.
Voto: 2
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Si conclude, magnificamente com'era cominciata, la trilogia della Prima Legge (The First Law Trilogy). Sinceramente trovo che Abercrombie sia nettamente superiore a Martin, le cui Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (adesso chiamate "Game of Thrones"!) sono sostanzialmente una magistrale soap-fantasy-opera (pur godibilissima).
Abercrombie sceglie una strada ben diversa, un pulp fantasy fatto sostanzialmente di fango, sangue e merda (grimdark fantasy, per coloro che amano le etichette). Quest'ultima abbonda soprattutto nelle coscienze dei suoi personaggi. Non c'è nè neppure uno che sia interamente buono (Yulwei è l'unico positivo, lo stesso Piedelungo, l'altro personaggio privo di meschinità, è però un vigliacco pusillanime) mentre i protagonisti che dovrebbero essere i buoni sono un insensibile e cinico torturatore (Glokta), Logen Novedita detto il Sanguinario perchè è capace di massacrare persino innocenti bambini (ma cerca di essere un uomo migliore), il potente mago Bayaz (bieco assassino, traditore senza scrupoli, Deicida), Jezal è un vanesio ufficiale e la sua (forse) innamorata ha comportamenti disinibiti ed è incline all'alcol (è di buona famiglia, ma non abbastanza)... insomma: un'umanità varia, gravata da mille vizi e difetti, che si contrappone a gente che è addirittura peggiore.
Eppure non si può non provare empatia per il supremo assassino che è Logen, o per il viscido e truculento Glokta. In questo è bravissimo lo scrittore, che ci descrive con rara bravura simili personaggi, tutti dai tritti forti e delineati, e riesce anche a farceli piacere. Nonostante i loro difetti.
La storia è appassionante, ricca di azione. Nonostante i molti combattimenti scorre con ritmo, scrittori meno abili confondono l'azione con il duello. In questo caso sono funzionali alla storia e l'appesantiscono.
Anche l'ambientazione è solida, pur ovviamente prendendo spunti dalla nostra storia reale, ma il contesto globalmente è efficace ed ha anche qualche spunto originale (l'originalità è ormai merce rarissima, soprattutto nel fantasy).
Il romanzo non può essere letto indipendentemente dai precedenti ("Il richiamo delle spade" e "Non prima che siano impiccati"), chi avessi inavvertitamente stimolato alla lettura di Abercrombie si attrezzi.
Ovviamente non è un ciclo scritto pensato per i lettori di Harry Potter, men che meno vempirelli sdolcinati ed altre "zozzerie" del genere.
E' per gente di sani appetiti ed un ottimo apparato digerente.
Voto: 9
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Si tratta del primo libro del ciclo di Deepgate, l'ultima buona pubblicazione della Nord prima della sua morte (in realtà la Nord non è finita, ma considerando ciò che edita sarebbe meglio se lo fosse).
Si tratta di una ben congegnata contaminazione di generi, ambientazione gothic, tratti steampunk e new weird. I personaggi sono numenrosi, spesso contraddittori, ed anche se il lettore empatizza per loro può succedere che i loro compostamenti infastidiscono in qualche maniera.
Come nella vita reale.
Il romanzo è costruito intorno all'alternanza tra i loro punti di vista, mentre la storia si sviluppa incentrata sullo scontro delle potenti divinità che si contendono il controllo della città di Deepgate.
Non spoilerizzo, ma il romanzo successivo, "Il dio delle nebbie", trovo che sia anche più visionario del primo, che già abbonda di spunti interessanti (anche se, purtroppo, non sempre sviluppati fino in fondo).
Il conclusivo romanzo, "Il dio delle anime", è quello più onirico: la guerra finale fra il mondo dei morti e quello dei vivi. A modo suo in questo ciclo l'autore ci vuole parlare di religione, anche se non in modo diretto come altri autori (Simak, per citare un grande del passato, oppure Simmons). Ma si può tranquillamente restare sul piano dell'azione e godersi l'intero ciclo semplicemente come l'appassionante lettura di evasione che è.
In conclusione si può dire che è stato il vero canto finale del cigno, di quel meraviglioso cigno che è stata la casa editrice Nord, di cui sono stato anche fedele abbonato (indimenticabili le confezioni cartonate che mensilmente mi consegnavano a casa mondi meravigliosi).
Voto: 8,5
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La cosa più originale di questo film è che si tratta di un film spagnolo girato a Barcellona, anzi: per chi l'ha visitata lo spunto più interessante è riconoscere i punti della città che di tanto in tanto vengono inquadrati.
La cosa più bizzarra, invece, è il titolo del film, in originale "Los Ultimos Dias", cui ovviamente i distributori hanno preferito un tocco più anglosassone. O forse è più bizzarro ancora che i due registi spagnoli abbiano avuto l'idea del film mentre ne realizzavano un altro, Carriers, negli USA.
Anche quello, come questo, un film di fanta-epidemia. Nell'opera in questione l'umanità viene colpita da una trerribile agorafobia, chi esce all'aperto viene sopraffatto dal panico e ne muore. Quindi tutti si rifugiano nei palazzi e si spostano usando i sotterranei della metropolitana. Fortunatamente, non si sa come, l'energia elettrica non manca, almeno nella metro di Barcellona. E le scatolette di cibo sembrano non mancare quasi mai.
I due registi o soffrano di una terribile fobia patogena, oppure sono un po' scarsi di fantasia. Probbailmente tutte e due le cose. Sono in possesso di un decente uso degli strumenti di regia, e quindi il film ha almeno ritmo e qualche buona inquadratura. Ma non basta. La trama, già di per se banale, sconta alcuni momenti veramente scontati (la morte dell'amica della moglie e poi quella dell'amico, che ovviamente era un suo "nemico"). Il finale, poi, quasi insopportaboilmente zuccheroso col suo messaggio di buonismo para ecologico. Si può guardare, azzerando i neuroni e lasciandosi andare. Tutto sommato Carriers era più originale.
Voto: 4,5
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Certe serie tv, così ripetitive e banali, dovrebbero essere vietate per legge.
Ma siccome ogni generazione di adolescenti ha il diritto di avere i propri eroi di cartapesta, ecco che viene sfornato l'ultimo (purtroppo solo in senso temporale) prodotto.
Esseri umani modificati geneticamente (i Tomorrow People) e quindi in possesso di poteri (le tre "t": telecinesi, teletrasporto e telepatia) che vivono nascosti tra noi. Ovviamente perchè c'è un cattivone che va in giro a sterminarli perchè li crede un pericolo per l'umanità.
Il cattivone è lo zio dell'eroe (sedicenne in possesso di un tale potere che è l'unico in grado di salvarli e di salvare il mondo intero...) il cui padre (e fratello del cattivo) è scomparso da anni. Se non vi sembra abbastanza scontato aggiungiamo che la "bella" dei buoni capisce immediatamente che lui è il profeta destinato a condurli verso la salvezza, poi c'è quello a cui piace la "bella" che ovviamente lo avversa appena lo incontra. 
Già.
Ci sono così tante banalità in ogni singola scena del telefilm che lo rendono sinceramente intollerabile.
Non si può proprio guardare.
Probabilmente il target cui la serie è dedicata non ha avuto ancora il tempo per essere aggredita molteplici volte da queste banali trame, e magari riuscirà ad apprezzare qualcosa (oltre al taglio di capelli ed ai giubbottini cool che sfoggiano i protagonisti).
Se avete il dubbio su come passare una serata, cliestere e colonscopia oppure Tomorrow People, cominciate pure a riempire la pompetta di gomma.
Voto: 1
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Si tratta di fantascienza un film che, al netto delle critiche tecniche (questa fra le tante), vuole essere una rappresentazione "reale" di un viaggio orbitale?
In teoria no, ma anche si. Anzi: più si che no.
Il film, come dichiarano anche alcuni esperti del settore, riesce comunque a comunicare assai bene l'esperienza di un volo nello spazio. Ed in fondo quel senso di meraviglia (sense of wonder) che (immaginiamo) si provi ad abbandonare il nostro pianeta e viaggiare fra le stelle (anche se nel'assoluta prossimità della superfice terrestre) è ciò che ha avvicinato ogni appassionato alla fantascienza.
Per fare una battuta, l'unica cosa veramente fantascientifica (nell'accecione comune: "improbabile") è lo svolgimento del film e la sua conclusione. Che non spoileriamo.
Comunque, lassù nello spazio alla nostra coppia (Bullock, soprattutto, ormai prossima al mezzo secolo ovvero la miglior pubblicità di una vita sana e sportiva, ed il gigionissimo Clooney, calato nella parte dell'astronauta che "tutte" vorrebbero alla guida di una navicella spaziale) ne affronta di tutti i tipi. Di disatri, ovviamente.
Il film è girato magistralmente (Cuaron), con ritmo continuo ma senza essere inutilmente esasperante. La tensione è alta anche nei momenti in cui non sembra succedere niente. Ma soprattutto le immagini dallo e dello spazio sono spettacolari.
In conclusione: non è un film di fantascienza, ma un vero appassionato di fantascienza non può perderselo. A prescindere dagli Oscar (sette) che si è aggiudicato.
Voto: 8
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Innanzi tutto non si tratta di un romanzo, bensì di una serie di racconti aventi come protagonista lo stesso soggetto: Haviland Tuf, bizzarro ed eccentrico mercante spaziale intriso di senso etico e di una singolare e filosofica ironia. Un personaggio che indiscutibilmente Martin ha distillato dalle opere di Jack Vance, ma anche un po' da Don Chisciotte.
Tuf, dopo essersi ritrovato rocambolescamente al comando di un'antica e potentissima astronave da guerra batteriologica, spinto dal suo alto senso morale decide di utilizzare l'incommensurabile potere cadutogli inaspetattamente in mano per aiutare l'umanità. Accompagnato dai suoi gatti (Fungo, Caos.. Sciagura...).
La galassia che fa da sfondo alle avventure di Tuf con la sua millenaria Arca ecologica è molto arretrata rispetto al glorioso passato, finito con la terribile guerra di cui l'Arca è l'ultimo prodotto di una tecnologia ed una scienza altamente evolute. L'umanità, non più guidata dalla Vecchia Terra, si è frammentata e divisa in popolazioni sempre più diverse  elontane, ognunja con le sue peculiarità.
Anche questo scenario indubbiamente ricorda Vance (dal ciclo dei Principi Demoni, ai cicli di Alastor o Durdane), ma la scrittura di Martin non è altrettanto barocca (anche se alcuni dialoghi fra Tuf e gli altri personaggi cercano di imitarne lo stile).
A parte il dovuto pedaggio pagato a Vance, l'opera è comunque godibile: indubbiamente scorre bene alla lettura e, pur mancando della "tempra" delle Cronache, non di meno si tratta di uno dei pochi libri decenti di S.F. pubblicati in Italia nel 2013.
Purtroppo la copertina con cui è uscito da noi è assai diversa da quella americana.
Voto: 7,5
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La cosa più misteriosa di questa serie tv di genere "paranormale" è il suo relativo successo, confermato dall'ancor più misterioso perdurare.
Evidentemente gli appassionati del genere sono così famelici, o di bocca così buona, da seguire con assiduità una serie ormai arrivata all'incredibile nona stagione.
Nove!
Protagonisti sono due fratelli, quello furbo e quello bello, che combattono il male cacciando demoni per tutta la sterminata provincia americana. Ovviamente salvando il destino del mondo quasi ad ogni puntata, poichè è noto che la trincea del destino del mondo attraversa i paesaggi più sperduti del Nebraska e del South Dakota.
Ad un certo punto della storia, per ravvivare una serie che stava morendo di stanchezza, viene introdotta una trama "cristiana", con angeli e demoni che si scontrano per il possesso del paradiso dal quale Dio è scomparso. Gli stessi angeli si dividono e combattono tra di loro, tanto che non si capisce più se ce ne sia davvero uno buono (anche Castiel, che diventa personaggio praticamente fisso della serie, ha i suoi problemi etici).
Ovviamente tutta la guerra fra il bene ed il male (anzi: tra il Bene ed il Male), ruota attorno ai due fratelli. Che muoiono talvolta, ma sono così preziosi che c'è sempre qualche Potere che li fa risorgere.
La serie è evidentemente orientata ad un pubblico di adolescenti, cosa che non sarebbe necessariamente un male, se non fosse che gli spessori dei personaggi e delle trame sono praticamente inconsistenti.

Voto: 4,5


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