Fantascienza & Fantasy

Dickson ha una sterminata produzione fantascientifica (per chi non l'avesse letto consiglio caldamente il ciclo Dorsai, veramente notevole), ma scarsissima per quanto riguarda il fantasy.
O meglio: in Italia è stato pubblicato solo "il Drago ed il George", il primo di una serie che conta ben altri otti libri, tutti inediti.
Immagino che questo primo non abbia poi conseguito particolare successo tra i lettori della Fantacollana Nord, eppure trovo che sia una delle più godibili opere fantasy.
Dickson effettua un completo ribaltamento dei classici ruoli.
Il nostro protagonista viene catapultato in un mondo fatato per salvare la fidanzata che è stata rapita dalle Potenze delle Tenebre. Fin qua niente di nuovo, tranne il fatto che Jim, il protagonista, si reincarna nel corpo di un drago. Un giovane drago sprovveduto, che non conosce il mondo in cui è stato catapultato e neppure cosa voglia dire essere un drago. "George", plurale "giorgi", è come i dragi chiamano indiscriminatamente gli esseri umani.
Nella sua quest Jim verrà aiutato da una serie di personaggi, oltre a saggio zio drago c'è il mago acido e gastritico, il cavaliere senza macchia e senza paura, la bellissima arciera, il lupo parlante... insomma un'allegra brigata folle ed infatti il tono del racconto è assai spensierato ed umoristico. Niente a che vedere con l'epica tolkeniana, ma neanche con una parodia di bassa lega.
Il romanzo è breve e si legge d'un fiato. Una vera e propria boccata fresca. Tengo a precisare che, se non ci si lascia fuorviare dal tono scherzoso, in realtà è un romanzo che l'autore ha ben studiato e scritto con cura.
Voto: 7,5
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Gargoyle prosegue nell'ammirevole opera di presentare nuovi autori. Ma soprattutto di valore.
Le spade dell'imperatore (ovvero "le cronache del trono incompiuto", una trilogia) è un vero e proprio "classicone": un nemico misterioso uccide l'imperatore e mette in pericolo l'intero impero. 
La storia è raccontata seguende le peripezie dei tre figli dell'imperatore, il primogenito Kaden che da otto anni vive in un remoto eremo, addestrato da ferrei monaci per conseguire la piena coscienza di se e forse l'acesso ad antichi poteri, il secondo Valyn invece è un cadetto del più incredibile gruppo di guerrieri del mondo conosciuto, ed infine Adare, che pur essendo la maggiore non potrà mai salire sul trono perchè femmina, però è stata nominata ministro.
Intrighi, attentati, omicidi... c'è tutto.
I personaggi magari sono un po' stereotipati, l'ambientazione non è proprio originalissima, ma la storia ha ritmo, si legge bene e scorre. Infatti quello che manca in originalità è compensato dall'intreccio, su cui l'esordiente Staveley si è prodigato.
Tutto sommato un'opera gradevole, e se Staveley saprà migliorarsi potrebbe un giorno scrivere qualcosa al livello di un Gemmel, per fare un nobilissimo esempio (ormai perduto).
Voto: 7
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Abercrombie non è autore capace di scrivere grandi trame, ma pochi possono vantare personaggi più incisivi e veri.
Questo romanzo, il primo della "Trilogia del Mare Infranto", non ha niente a che vedere col mondo della Prima Legge, anche se ovviamente una certa continuità stilistica si avverte. I personaggi sono meno spietati e cinici, anche se la storia del protagonista è quella di perdere l'innocenza adolescenziale per diventare un adulto capace di tutto.
Il Mezzo Re perchè Yarvi, principino di un regno barbarico proto vikingo (non solo i nomi dei personaggi e dei luoghi, ma la stessa ambientazione è assai simile al Baltico medievale), è considerato un mezzo uomo avendo dalla nascita una mano deforme. Quindi ben poco adatto alla guerra, alla vita di un vero uomo. E' destinato a diventare una sorta di sacerdote, ed invece... la vita lo porta in ben altra direzione.
Abercrombie non inventa niente di nuovo (ammettiamolo: chi davvero scrive qualcosa di mai letto prima?), ma rivisita con occhi moderni storie antiche applicandole a personaggi "veri". I suoi protagonisti sorprendono, e per una ragione unica: non fanno mai niente di scontato, almeno in una storia fantasy, semmai si comportano come ci comporteremmo noi. Se avessimo l'onestà di ammetterlo.
Insomma: un'altra prova degna di essere letta. Se siete stanchi di elfi arcieri, troll mazzatori, di maghi e delle loro palle di fuoco, di eroi immacolati e di principesse innamorate.
Voto: 8,5
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Finalmente un film per adulti! Ho letto di tutto su questo film prima di vederlo personalmente. I pareri assai contrastanti andavano da un'esaltazione cieca ad una delusione profonda. Contrastanti, appunto.
Trovo che Intestellar sia magnifico, pur non disconoscendone alcuni difetti (ma secondo me assai poco rilevanti).
La storia è semplice: il nostro pianeta sembra destinato all'estinzione per colpa di una serie di malattie che stanno colpendo le colture. A questo si aggiungono colossali tempeste di sabbia, almeno in quella parte degli Stati Uniti dove vive il nostro protagonista (Matthew McConaughey, ottima interpretazione), quindi tutti gli sforzi sono canalizzati non più alla produzione di beni, bensì di cibo. Come dice una professoressa indirizzando gli studi del figlio di Matthew: "non abbiamo bisogno di ingegneri ma di agricoltori". Addirittura la linea ufficiale del Ministero è che l'uomo non è mai andato nello spazio, era una truffa ai danni dei sovietici per spingerli al collasso economico.
Invece Matthew, ingegnere, è stato l'ultimo pilota della Nasa.
Strani fenomeni che succedono nella camera della figlia (MEGA SPOILER) lo conducono all'ormai dimenticato Norad, dove quel che resta della Nasa sta elaborando delle informazioni trasmesse da alieni riguardanti possibili mondi alternativi dove trasportare la razza umana. Oltre che preparando un'astronave che, attraverso un warmhole che gli stessi alieni hanno creato vicino Saturno, possa fare un balzo iperspaziale ed andare a verificare se la vita là è possibile. Già alcuni anni prima avevano mandato singoli astronauti in ognino di quei mondi per raccogliere informazioni, adesso è il momento di fare un giro finale e scegliere la destinazione che salvi la razza umana.
Ecco: non è molto logico che l'ultimo pilota spaziale del pianeta, invece di far parte della Nasa, faccia il contadino. E che dopo lusti di zappa sia ancora pronto a pilotare una nave interstellare. Come pure che la figlia un giorno diventi il genio che guiderà la Nasa.
Nella seconda metà del film Matthew ed un gruppo di scienziati visitano quei pianeti, affrontando ogni genere di traversia. Il film è lungo tre ore, pertanto di cose ne succedono veramente tante.
In alcuni punti il regista cade un po' nel sentimentalismo, fin troppo amore paterno e filiale che personalmente trovo un po' stonato, ma tolto questo ed i difettucci già detti il film è impeccabile. Le scene sia quelle della Terra del prossimo futuro, che quelle girate nello spazio e sugli altri pianeti, sono molto belle ed evocative. La parte finale, quando scivola oltre l'orizzonte dell'evento, per quanto improbabile è stata sceneggiata -come tutta la parte "scientifica" del film- seguendo le indicazioni di Kip Thorne (fisico teorico di fama mondiale).
In conclusione: un grande film con alcune scene che resteranno davvero nella storia, e pure una colonna sonora azzeccatissima.
Voto: 9,5
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Ovvero quando il nerd assoluto incontra Robinson Crusoe.
Dall'opera di Daniel Defoe qualsiasi storia di abbandono/naufragio deve fare i conti con l'illustre capostipite, ed è ovvio che per tutti quello sia un punto di riferimento. Così come la storia di un amore tragico deve misurarsi con Giulietta e Romeo.
Mark Watney è il più sfigato, ed anche il più fortunato, astronauta della storia.
Abbandonato per morto sulla superfice di Marte dai compagni, in realtà è solo ferito e quindi deve immediatamente darsi da fare per sopravvivere con le limitate risorse che ha a disposizione. Nella speranza che la Nasa trovi il modo per recuperarlo.
Anche se ha veramente ben pochi approvvigionamenti e materiali, ha infinito cervello per sopperire. E' il nerd assoluto: è ingegnere e quindi si intende sia di elettronica che di meccanica, è anche un valido botanico e sa muoversi pure nell'ambito della chimica.
Se Sheldon Cooper avesse scelto il "lato oscuro" delle scienze applicate invece di essere un assoluto teorico, quello potrebbe essere Mark Watney, che però diversamente da lui è anche un grande cazzaro e simpaticone.
A Watney accadrà ogni genere di sfiga ma, non spoilerizzo certamente, alla fine ce la farà. L'autore è anche lui un nerd, ed in certi momento il romanzo soffre un po' dei tecnicismi che gli sono scappati sulla tastiera. Questo è l'unico difetto, ovvero quello di insistere su come trasformare il carburante per razzi in ossigeno e acqua, oppure creare una torta con le ruote che spara raggi laser della morte partendo da una manciata di biglie e due orologi a cucù.
Per il resto il romanzo tiene, ha un buon ritmo e l'autore riesce veramente a farci provare i disagi di vivere in un cubicolo su Marte, alla balia di qualsiasi cosa il pianeta si inventi per spazzare via un essere umano lontano innumerevoli milioni di chilometri da casa.
Finalmente anche in Italia si avverte qualche segnale di risveglio della fantascienza classica, dopo tanto fantasy pubblicato a sproposito (perchè veramente orrendo).
Voto: 7,5
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Indubbiamente in questo film c'è un tentativo da parte del regista (Luc Besson) di utilizzare spunti che hanno "qualcosa" di fantascientico per arrivare ad un prodotto con finalità  filosofico-speculative. Io però non scomoderei nè la fantascienza, ed ancor meno la filosofia.
Con Lucy Besson torna agli inizi (Nikita), Scarlett Johansson è una mezza squinternata che vive a Taipei pur non parlando la lingua (e soprattutto non sembra molto in contatto con la realtà taiwanese, insomma: che ci fa davvero a Taiwan?). Viene coinvolta in un traffico di droga tra Taipei e l'Europa (chissà perchè non gli Stati Uniti o il vicino Giappone) organizzata da una banda di mafiosi coreani (?), quindi suo malgrado le inpiantano nello stomaco un sacchetto di una nuovissima droga sintetica.
Dopo un pestaggio (i mafiosi coreani, o i loro sgherri taiwanesi, sono ovviamente perfidi nonchè stupidi e violenti) il sacchetto si rompe riversando la droga in circolo. Così Lucy diventa una super donna acquisendo poteri quasi mistici, semplicemente sfruttando tutte le potenzialità del cervello umano (mentre lei s'infogna con i coreani, il prof. Morgan Freeman tiene conferenze in tutto il mondio spiegando che gli esseri umani utilizzano solo il 10% del proprio cervello, se ne sfruttassimo  di più i nostri poteri diventerebbero incredibili).
Lucy si libera e comincia a controllare le menti, la materia, i raggi energetici ecc. e si mette in contatto con Freeman, che raggiungerà a Parigi dove il film avrà il suo epicentro e conclusione (inseguimenti, sparatorie, massacri, trascendenze ecc. ecc.).
Dal punto di vista scientifico (o fantascientifico) il film è totalmente implausibile, anche se Morgan Freeman (che si è guadagnato la parte probabilmente per la sua divulgazione scientifica) e la stessa Scarlett cercano disperatamente di convincerci che chi controlla il cervello può controllare anche lo spazio ed il tempo.
Dal punto di vista filosofico si può dire che centra l'obiettivo esattamente com'è riuscito a fare "Django e Sartana, due figli di...", anzi: forse quest'ultimo ha uno spessore maggiore.
Per far intendere meglio la banalità del film: Besson non è riuscito neppure a fare un inseguimento d'auto fuori dagli schemi, non è possibile che a Parigi le auto si inseguano sempre davanti al Louvre! La città è almeno 1.000 volte più estesa!
Non è un film di fantascienza, mi rifiuto di catalogarlo così, non è un film per adulti (anche se Besson aveva ben altre pretese), e non è nemmeno un teen movie, perchè tutte quelle elucubrazioni sull'evoluzione umana potrebbero annoiare a morte un qualsiasi quattordicenne, anche se fatto di amfetamine.
Voto: 4
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Chiunque, in possesso di sanità mentale, rifuggerebbe da un libro scritto da tal "Django Wexler", che sembra lo pseudonimo adottato da zio Edoardo per pubblicare sul web racconti pornografici.
Ed invece... 
Django è effettivamente il nome di un puro concentrato di nerd (ha lavorato addirittura per Bill... Gates), che potrebbe benissimo apparire nella serie TBBT (voto: 10++++), ed ha messo a frutto le sue passioni (in questo caso fantasy e wargame) in questo primo romanzo del ciclo "Shadow campaigns".
La storia è quella di un avamposto formato da scarti dell'esercito reale, stanziati in un regno abbastanza remoto, i cui membri -con l'eccezione del protagonista, il capitano d'Ivoire, uomo retto ma privo di fantasia- aspettano con ansia di essere rimpatriati. Una ribellione di fanatici ha scacciato il re fantoccio e loro stessi dalla capitale, e li ha confinati in una fortezza in stato di abbandono.
Quando finalmente arriva la flotta a salvarli scopriranno, con sgomento, che il piano non è il rimpatrio, bensì la riconquista del regno perduto, sotto il comando di uno strano colonnello.
Il romanzo si divide in due parti: la prima è quella della campagna militare (molto ben scritta) che porta i protagonisti alla capitale. Nella seconda parte prende il sopravvento l'aspetto più fantasy, che poi sarà il filo che annoderà "I mille nomi" alle future pubblicazioni.
Il romanzo è scritto molto bene, i personaggi sono tutti ben costruiti, anche l'ignobile sergente Davies che poteva facilmente cadere nello stereotipo del bullo da quattro soldi. Se proprio si deve muovere un appunto a Django (oltre al nome, ma questa non è colpa sua) è quello di non aver delineato perfettamente l'aspetto fantasy, ma l'ambientazione geografica (nilotico-arabeggiante) nonchè quella storica (la Gran Bretagna dell'era napoleonica) sono di tutto rispetto. Come, appunto sembra di intuire, la trama complessiva del ciclo, dal momento che il finale di questo sembra prefigurare sviluppi assai interessanti.
Voto: 8
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Finalmente un altro romanzo di fantascienza, a mente è il 4° (o giù di li) libro che acquisto quest'anno. Oltretutto si tratta di un acquisto "pesante", avendo Scalzi conseguito con questo il Premio Hugo 2013.
Quest'opera è stata scritta da un appassionato nerd che ha voluto in qualche maniera "onorare" Star Treck, con una parodia il cui scopo però non è denigratorio, bensì l'opposto.
Ovviamente Scalzi non può citare Star Trek, ma i personaggi principali, da Kirk a Spock, a Scotty per arrivare a Checov (uno dei coprotagonisti del romanzo) sono perfettamente individuabili.
La trama in sè non è originalissima, un po' Pirandello ed un po' Dick, Scalzi mescola insieme viaggi nel tempo, gli universi paralleli e Star Trek (appunto) più che altro in un gioco, dal tono volutamente leggero, leggerissimo. Il romanzo se vogliamo è una lunga preparazione alla sua postfazione, nel quale il tono cambia completamente, il gioco diventa sostanza e la finzione realtà.
Ed è anche, probabilmente, la ragione per cui ha vinto il premio. Al riguardo ammetto onestamente di non essere d'accordo: "Uomini in rosso" è un buon romanzo, nonopstante il tono leggero è ben strutturato, ragionato e ponderato, ma se si è trattato sul serio della migliore opera del 2013... non siamo messi benissimo.
La trama in poche parole: un gruppo di reclute salgono a bordo dell'astronave Intrepid ed in breve scoprono i viaggi interstellari non portano solo l'uomo là dove non è mai giunto prima, ma quasi sempre ve ne lasciano almeno uno, cadavere. La ragione di questo, e delle innumerevoli assurdità che succedono sulla Intrepid, sarà una scoperta sconvolgente per il guardiamarina Andrew Dahl ed i suoi compagni.
Tutto sommato un buon romanzo (ma David Brin, C.J. Cherry o Vernor Vinge hanno scritto ben altra fantascienza!).
Voto: 7+

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Parlando di Turtledove la prima cosa che viene in mente è il Ciclo di Videssos, articolato a sua volta in varie sotto fasi (la prima, quella della Legione Perduta, è una delle migliori ed appassionanti serie mai scritte).
Di valore minore, ma comunque "leggibili", sono altri cicli, come quello dell'Invasione ed il successivo Colonizzazione.
Purtroppo nel suo eclettismo Turtledove si è voluto cimentare anche con gli universi paralleli (Crosstime Traffic), e come se non bastasse il ciclo sarebbe indirizzato ad un pubblico adolescente.
Il primo volume pubblicato in Italia è "Guerre imperiali", seguito da "l'ultimo Reich". Fortunatamente la Hobby & Work ha sospeso la pubblicazione dei romanzi successivi. L'idea è quella dello sfruttamento da parte di una società (per cui lavora la famiglia protagonista, ovvero i genitori dei due adolescenti protagonisti) degli universi paralleli, rimasti ovviamente tecnologicamente indietro rispetto alla Terra dei protagonisti. Così nel primo romanzo, dove l'Impero Romano non è mai finito soffocato però da una cieca burocrazia e tecnologicamente fermo al 300 d.c., i nostri eroi dovranno vendere gadget di bassissima tecnologia (orologi patacca, specchi e coltellini svizzeri) in cambio di derrate alimentari. La macchina che permette gli spostamenti si blocca nel momento in cui i genitori sono costretti a tornare nel loro mondo, così fratello e sorella sono costretti  a cavarsela durante un assedio che l'impero nemico di Roma ha fatto proprio alla città che li ospita (colmo della sfoprtuna!).
Turtledove non ha mai avuto uno stile particolarmente ricco, ma in questo caso si può indiscutibilmente parlare di scrittura piatta. I personaggi, tutti indiscriminatamente, sono stereotipati e privi di qualsiasi credibilità Soprattutto la trama è praticamente inesistente, possono trascorrere decine di pagine assolutamente vuote con l'unico intento di spiegare cosa fosse l'impero romano e quanto sia meglio l'America.
Scrivere per adolescenti non significa scrivere per deficienti. Questi romanzi (il successivo se possibile è peggiore) sono indirizzati non ad un lettore adolescente, bensì ad un lettore che ha subito gravi menomazioni cerebrali.
Non se ne può consigliare l'acqusto neppure per usi alternativi: ad esempio per tavoli zoppicanti oppure l'accensione della carbonella (la carta non è di qualità).
Illeggibili ed inutili in senso assoluto.
Voto: 1
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La pubblicazione di questo libro ci fa capire, meglio di moltri altri esempi, quanto sia profonda la crisi della fantascienza in Italia. Venti anni fa un romanzo come questo sarebbe stato impensabile vederlo pubblicato. Dalla più piccola casa editrice italiana alla sua seconda uscita. La Nord o la Mondadori se lo sarebbero disputato e probabilmente lo avremmo visto tra i Cosmo Argento.
Quando ancora si pubblicava fantascienza.
Ringraziamo Zona 42 ed andiamo avanti, verso questo triste crepuscolo post atomico (e pre "urban fantasy"), col suo commento.
Questo romanzo ha una delle più belle ambientazioni che abbia mai letto: si svolge all'interno di una sfera chiusa (Virga)  costruita intorno ad un sole (Candesce). Nell'immenso volume di spazio così generato gli esseri umani hanno sviluppato habitat/nazioni che ruotano intorno al Sole principale; oppure sono andati più lontano dal suo calore rendendo abitabile lo spazio gelato accendendo piccoli "soli" artificiali. Chi è in grado di controllare l'accenzione di un "sole" ha il controllo del potere. La gravità, ovviamente, è solo quella dovuta alla rotazione degli habitat. Tutto il sistema socio/economico ed ecologico costruito da Schroeder sulla base di queste premesse è perfettamente coerente, e credibile. Il sistema del Sole dei soli, poi, è volutamente tenuto (anche per la scarsità delle risorse) in una relativa arretratezza tecnico/scientifica.
Questo romanzo è solo uno di un ciclo che vede Virga come vero protagonista, mentre nello specifico è Hayden Griffin il personaggio principale. La storia è picaresca, rutilante di avventure, battaglie e colpi di scena. Ha qualcosa di Jack Vance, di Vernor Vinge e di Poul Anderson. Ma oltre questo livello, indiscutibilmente piacevole e godibilissimo, ce n'è anche un altro che riguarda Hayden, orfano in cerca di vendetta contro coloro che gli hanno ucciso i genitori mentre cercavano di accendere un nuvo sole e liberare dal giogo dell'oppressore la propria nazione/habitat. Riguarda il prendere coscienza che il bene ed il male, il giusto o lo sbagliato, non sono poi così chiari e netti. Diventare adulti è un'operazione complicata, e la vita è fatta più da sfumature che da toni netti.
Sinceramente non capisco perchè quest'opera non sia finita fra i finalisti del Nebula o dell'Hugo.
In conclusione: un romanzo che non deve mancare nella libreria del vero appassionato di fantascienza. Oltretutto ha anche una copertina veramente bella (tanto che, contrariamente al solito, la pubblico nel blog).
Voto: 9
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